Astley ha permesso agli ex soldati di rifarsi una vita rinunciando alle armi, reinventandosi come cavalieri e volteggiatori sotto i tendoni, ha pure fornito nuova linfa vitale agli acrobati, ora orientati a ripensare i loro numeri accanto ai quadrupedi. Tra chi sfruttò al meglio l’invenzione ci fu un suo allievo, Andrew Ducrow, divenuto noto come il “Colosso dei cavalieri”.
Suo padre, Peter Ducrow, era un leggendario artista circense, un forzuto belga che, trasferitosi a Southwark, divenne noto come “l’Ercole fiammingo”. Si esibiva in prove muscolari fuori dal comune, lo si vedeva sollevare macigni o sdraiarsi con le mani e i piedi a sostenere una piattaforma pesante di diciotto granatieri.
Andrew nacque qui, il 10 ottobre 1793, e, come i suoi fratelli, affiancò il padre negli show, preparandosi a cadere, danzare, stare in equilibrio, lottare, passeggiare sulla corda, usare il fioretto e cavalcare. A quindici anni poteva vantare una preparazione atletica così solida e ampia che Astley lo prese con sé. Le sue esibizioni all’Amphitheatre of Equestrian Arts gli valsero soldi e popolarità. Ducrow mostrava abilità ed inventiva in numeri che sorprendevano il pubblico come il celebre “Flying Wardrobe” in cui si fingeva un ubriacone vestito di stracci e saliva in groppa ad un cavallo simulando cadute e spogliandosi sino a rivelare la sua reale identità. Le sue caratteristiche erano il dinamismo, l’audacia, la leggiadria. Fu lui a progettare i primi vestiti equestri circensi, attillati e fasciante, ideale per mostrarsi in pose plastiche che enfatizzavano i corpi. Fu lui il primo ad eseguire salti e contorsionismi sulle schiene di sei cavalli.
Ciò che stupiva le platee, e che gli valse l’appellativo di “Colosso dei cavalieri”, fu la sua stazza, robusta ed alta, cionondimeno sinuosa e leggiadra nei movimenti.
Trascorse un periodo a lavorare in Francia coi Franconi. Collaborò con Blondin in Belgio e nei Paesi Bassi, poi con Lalanne in Svizzera, Italia e Spagna. Tornò poi in Inghilterra, acquistando l’anfiteatro che era stato di Astley e ridonandogli splendore.
Artista straordinario, Ducrow mostrò fervida immaginazione, inventando continuamente nuovi atti. Mise in piedi degli spettacolari “ippodrammi”, rappresentazioni teatrali con cavalli, dal tema storico come “Ivanhoe”, “La Battaglia di Waterloo” e “Mazeppa”, complessi spettacoli con cambi di scenario, costumi costosi ed effetti sonori e visivi ricercati. Lavorò con una squadra di centocinquanta uomini, una cinquantina di cavalli, due zebre e alcuni asini e muli. Gli incassi salirono alle stelle. I suoi show furono amatissimi da re Guglielmo IV, che volle Ducrow nei suoi spettacoli privati, destinandogli un’area del Royal Pavilion di Brighton. Tuttavia, l’8 giugno del 1841, un incendio devastò l’Amphitheatre.
La notizia giunse anche in Italia dove L’Annuario storico universale, compilato da Enrico Montazio ed edito a Firenze, riferì: “Londra. – Incendio del circo Astley. Il teatro d’Astley, a Londra, ſu compiutamente distrutto da un incendio. Giammai, a memoria d’uomini, dicono i fogli inglesi, videsi distruzione così rapidamente condotta a termine; solo verso le 4 e 1/2 del mattino le genti si fecero accorte del fuoco: mezz’ora dopo, tutta la fabbrica era preda delle fiamme, ed in meno d’un’ora più non scorgevasi che un mucchio di ceneri. Appena alcuni pezzi di muro rimasero ritti. I pompieri dissero in cotesta occasione non aver mai veduto un incendio con tanto furore propagarsi; ogni sforzo per soffermarlo riuscì vano, abbenchè tutte le macchine idrauliche per il fuoco venissero velocemente tratte sul luogo dell’incendio. Tranne il frontespizio della fabbrica e quello dell’abitazione del sig. Ducrow, ch’è dirimpetto, e l’interno della quale parimente fu distrutto dal fuoco, non rimase pietra su pietra. Una donna al servizio del sig. Ducrow perdé la vita. Fu rinvenuto il corpo di lei ridotto in cenere ad eccezione del viso. – Nel punto in cui si manifestò il fuoco eranvi nelle scuderie da trenta a quaranta cavalli di assai costo, e vi volle grande fatica a salvarli: tre di essi bruciarono. Il teatro era assicurato, ma i sig. Ducrow e West persero la maggior parte dei mobili. La signora ed il sig. Ducrow, coi loro due figli, erano a letto quando fu dato l’allarme, e tale fu la rapidità delle fiamme che a grande stento essi pervennero a salvarsi quasi nudi. Tutti i vestiarj, a riunire i quali erano occorsi 18 anni, rimasero distrutti. Il sig. Ducrow perdette altresì una ragguardevole somma in biglietti della banca d’Inghilterra, tuttochè fossero dentro uno scrigno di ferro. La biblioteca del sig. Ducrow, parecchi preziosi vassoi d’argento, ed altri regali fattigli in diverse epoche furono pure preda delle fiamme. A colmo di disgrazia, anco tutti li strumenti della banda andarono consunti dal fuoco. Parecchie case aderenti soffrirono non poco danno. Vien supposto esser l’incendio stato prodotto dal gas forse non bene spento dopo la rappresentazione: ma la è solo una congettura. La perdita fu ragguagliata a circa un milione di franchi”.
Ducrow ne fu così addolorato che, nel giro di un anno, spirò.