L’importanza del tendone per il circo contemporaneo

Avatar Angelo D'Ambra

Tempo fa è apparso sul sito del Ministero della Cultura di Francia un’intervista a Marc Jeancourt sulla modernità del tendone da circo. Jeancourt è direttore de L’Azimut, un progetto che coinvolge il Théâtre Firmin Gémier, il Théâtre La Piscine e l’Espace Cirque.

All’Espace Cirque, sito ad Antony nell’Île-de-France, le compagnie di circo contemporaneo possono usufruire di quattromilaquattrocento metri quadrati per montare i propri tendoni e provare i loro spettacoli prima di partire per le tournée. Tale spazio vuole inoltre integrarsi nella vita del quartiere in cui si trova, quindi le prove sono aperte al pubblico e si tengono regolarmente visite dei residenti e corsi di avviamento al circo. L’esperienza guidata da Jeancourt è molto interessante ancor più perché, sebbene votata al circo contemporaneo ed alle sue location, non si è disfatta del tendone.

Indubbiamente simbolo della tradizione, per qualcuno esso conserverà sempre un romanticismo struggente, per altri potrà essere sinonimo di passato, di antico, di superato. Jeancourt, però, non crede che il circo contemporaneo ne possa fare a meno. Nel tendone riconosce quei valori di inclusività a cui l’arte circense non può e non deve rinunciare. Ricorda inoltre che anche il circo contemporaneo è nato sotto i tendoni: “…il circo contemporaneo nasce sotto un tendone negli anni ’70, quando giovani artisti, che venivano dal teatro o dall’educazione popolare, provavano un enorme desiderio di audacia, di provocazione, di musica, di teatro di strada, e si ritrovavano nel dimensione fieristica del circo tradizionale, un po’ romantica certo, come con Fellini in La Strada, o con Chaplin in Le Cirque. Questi artisti vivono il tendone: è al centro della loro ricerca artistica. Hanno questa straordinaria capacità di avvolgerlo in diverse scenografie, che producono effetti magnifici e travolgenti”.

Il tendone resta dunque uno strumento popolare, del popolo e per il popolo, indispensabile per portare le arti ai margini delle grandi città e in territori lontani dai grandi complessi culturali anche se “la tendenza è quella di ridurre il più possibile il territorio disponibile” e ciò “rende quasi impossibile l’installazione di una tensostruttura”.

Gli amministratori locali devono cogliere l’opportunità d’ospitare i tendoni dei circhi in quei luoghi periferici dove si sa che la vita non offre altre possibilità di conoscere arte e cultura: “Che cos’è un tendone, dopotutto? Uno spettacolo sotto una tela, un convoglio che lo trasporta, persone che vivono in roulotte, aziende spesso gestite da coppie, una vita professionale legata a quella privata. Gli artisti si dedicano anima e corpo alla creazione e hanno un rapporto di ospitalità molto speciale con le città in cui si stabiliscono. Questo è ciò che la rende un’arte unica, che deve essere curata”.