É da tempo che osserva Abdul. Ma lui non la guarda mai. É preso dal correre dietro ai ragazzi anche se non capisce il loro ridere. Cerca in tutti i modi di farseli amici.
Oggi pomeriggio è riuscito a entrare in campo. “Solo perché siamo dispari” hanno palesato i capitani. Eppure lui è felice lo stesso, soprattutto dopo aver insaccato un canestro.
Confermando che il gergo dello sport è universale, come certi gesti crudeli, come certi fremiti. E bocche così spalancate Abdul le ha viste poche volte: simili a vecchi dinosauri meccanici, mastodontici veicoli irrompono nella loro partita, tutti incolonnati, tutti con la scritta: CIRQUE!
Lui ripete quella parola mai sentita, la mastica per strada e se la porta a casa. Neanche i suoi genitori la conoscono. Vivono in una baraccopoli in via Sans Papiers.
E mentre in paese va in scena lo spettacolo, lui è chino sui campi a raccogliere pomodori. É sera, meno afoso ma comunque faticoso; è il suo lavoro e una volta terminato, Abdul torna al capanno esausto. Ma quando si è giovani la voglia di scoprire vince sempre contro la stanchezza.
Allora finge di dormire, poi scappa. All’ingresso del Cirque tutto è spento e tutto è buio.
Avvolto nel tabarro, un anziano si avvicina e gli propone: “Ho bisogno di una cosa che tu possiedi, dammela e ti farò entrare”. Abdul pensa di avere con sé solo la miseria e accetta.
Si intrufola nel tendone attraverso un varco. “Una pista a semicerchio e delle seggiole, tutto qui?” si chiede. Annusa l’aria e immagina cosa possa essere successo qualche ora addietro. Cerca qualche traccia, curiosa negli spazi attigui in cerca di sensazioni ancora calde ma giunto davanti a uno specchio, ne trova una di ghiaccio: comprende cosa ha barattato con quel signore all’entrata!
Turbato si fionda alla ricerca del ladro di sogni. Grida aiuto, bussa con forza alle porte delle piccole abitazioni girovaghe. Ma l’uomo calamita è intento a sferruzzare e l’aviatore a chiudere correnti d’aria, la donna elettrica a ricaricarsi e l’uomo che scende i gradini a testa in giù a medicarsi. Dal Cencio neanche conviene provare, lui è immerso nelle lucciole.
Così tutti fingono di non udire il disperato annaspare di Abdul.
Rimane l’ultima maniglia: bloccata. Ma dall’interno giunge un gemito fievole e continuo, forse una richiesta? Abdul dalla toppa gli canta una calda ninna nanna poi si accascia sui gradini.
Monsieur René, di ritorno da una rissa, vede il ragazzo, si sfila la giacca e gliela adagia con grazia. Poi si volge al cielo e cerca Lei, piena di savoir, le vola un bacio e pispiglia: “Prima a poi si accorgerà di te, non dubitare!”.
Racconto di Paolo Negri, illustrazione di Eugenio Broggi
Tratto da “22 Arcani circensi, freaks e simili”, Il Cavedio (2022) ilcavedio@ilcavedio.it