Come sono diventato ventriloquo: intervista a Kevin Huesca

Avatar Francesco Ventura

«Il Circo tra dieci anni? Non riesco ad immaginarlo ma vorrei vedere come si evolverà. Il futuro del mondo circense è un qualcosa di raramente prevedibile. Penso alla mia esperienza personale. Quasi tutti gli addetti ai lavori a cavallo tra vecchio  e nuovo millennio erano convinti che il domani avrebbe portato a degli scenari che invece si sono dimostrati diametralmente opposti alla realtà. Oggi guardando a ieri ci sorprendiamo quanto si fosse fuori strada. Eppure tutti avevano il polso della situazione, e nonostante ciò non si era capito. Quindi il Circo di domani attendo di vederlo!».

Inizia così l’intervista a Kevin Huesca, il padrone del castello chiamato a condurre lo spettacolo del “Paranormal Circus – Le origini”, nonché tra i pochi ventriloqui nel panorama circense italiano.

«Vorrei sfatare un falso mito, i ventriloqui nei circhi europei oggi sono sì pochi, ma comunque sono più numerosi di     quelli che c’erano vent’anni fa. Da questo punto di vista siamo aumentati, pur restando effettivamente una minoranza – spiega Kevin – Ricordo quando dopo una stagione estiva in Francia, approfittando dei galà di ottobre novembre a Parigi, fui portato da alcuni amici ad assistere allo spettacolo di un ventriloquo. Da lì la voglia di imparare. Il mio mentore fu “Maestro Pippo” a Milano. Aveva allestito in una stanza di casa sua un piccolo teatrino, col palchetto e le luci, dove provava e riprovava i suoi spettacoli, perfezionandoli di volta in volta. Respirare, il segreto della ventriloquia è tutto nell’imparare a respirare e ricordarsi di farlo».

Nel corso dell’intervista Kevin è difficile da tenere a bada, ha molto da raccontare, c’è un desiderio di condividere dei messaggi che difficilmente possono trapelare dal palcoscenico. Ed assieme alle esperienze di vita vissuta, sono tanti gli aneddoti inaspettati e divertenti. Come quella volta nel 2005 in Israele, quando la polizia aeroportuale, insospettita dal pupazzo e dall’attrezzatura di scena, chiese a Kevin di dimostrare di essere veramente un ventriloquo. Uno spettacolo improvvisato alla dogana, col quale riuscì – oltre al lasciapassare – anche a far balenare un sorriso nell’espressione trattenuta e divertita dai militari ormai convinti della sua vera professione.

«Essere un ventriloquo è per me una questione di fierezza. Mi piace ciò che faccio. Il successo migliore? Quando mi sono esibito nella scuola materna di mio figlio, su invito delle maestre, e l’ho visto e sentito felicissimo indicarmi ai suoi compagni di classe con un felicissimo “quello è il mio papà!” – conclude Kevin – La sfida è aggiornarsi e perfezionarsi sempre, non credere mai di essere arrivati. La mia carriera è stato un continuo perfezionamento. Oggi sento di dovere molto al Maestro Pippo, ma so di avere creato un mio stile, di avere prima appreso e poi innovato insomma. Gli Stati Uniti sono un punto di riferimento per migliorare, lì ci sono scuole e maestre che non hanno eguali in Europa».

E mentre sta per ricominciare lo spettacolo, riusciamo a strappare a Kevin Huesca un ultimo racconto. Quello del suo primo spettacolo, che lo vide debuttare a Ferrara nel Circo di Moira Orfei. L’applauso di 2.500 persone e la stretta di mano di Walter Nones, il quale complimentandosi gli augurò una lunga carriera. Ed in oltre vent’anni Kevin di strada ne ha fatta, da quando inviò con un VHS un rudimentale trailer per promuovere e proporre nei Circhi il proprio spettacolo, a quando coi suoi pupazzi amatoriali sperimentava marchingegni artigianali per poter muovere, animare e dare la voce contemporaneamente in scena a quattro personaggi.