La forza ed i sogni di Silke Pan

Avatar Davide Vedovelli

Silke Pan si racconta in quest’intervista inedita e ci parla di sogni, di rischio e sicurezza e di cosa è o dovrebbe essere il circo oggi

Trapezista, artista di circo classe 1973, dal 24 settembre del 2007 “costretta” su una sedia a rotelle a causa di un grave incidente in pista. Rinasce come atleta e artista di circo con determinazione e caparbietà. Al suo fianco il marito e a circondarla il pubblico a cui ha dato tanto (troppo) e da cui ora prende applausi ed energia per fare ciò che sa fare meglio: far emozionare e sognare lo spettatore. Buona lettura.

Immagino quante volte avrà pensato “se quella volta (riferito al giorno dell’incidente) le misure di sicurezza adottate avessero evitato la mia caduta le cose ora sarebbero differenti”. Nel circo la componente adrenalinica per alcuni numeri è fondamentale ma per altri no. Dove sta il confine? Perché continuiamo a leggere di artisti che cadono con conseguenze più o meno gravi invece di costringere anche il circo ad adottare tutte le misure di sicurezza possibili?

Ci sono molte professioni che sono regolate da norme di sicurezza alle quali non si può derogare, mentre il circo ha una gestione dei rischi differente, il che è paradossale. Per capirlo, ricordiamo che il circo è la forma di spettacolo dal vivo più antica del mondo. Philip Astley (1742-1814) è considerato il fondatore del circo moderno. Rimasto senza lavoro dopo la Guerra dei Sette Anni, si ritrovò con la sua vecchia uniforme e il suo cavallo e iniziò a esibirsi in esercizi di giostra e in sorprendenti prove di forza e di elasticità.

I primi artisti che diedero vita a questo circo furono ex soldati e cavalleggeri. Lo fecero perché non erano più obbligati a rischiare la vita in combattimento e per loro esibirsi nel circo non era più pericoloso che rischiare la vita in combattimento. Quindi il circo è stato creato da un individuo che conosceva il rischio ed era abituato ad affrontarlo.

Nel circo di oggi, spetta all’artista decidere quali rischi correre e se utilizzare un cordino di sicurezza, un materassino o nulla.

Va notato, tuttavia, che ci sono alcuni numeri acrobatici in cui la longe non può essere utilizzata perché rappresenterebbe un rischio maggiore e limiterebbe la performance dell’artista.

Possiamo però constatare che l’atteggiamento sta cambiando e che negli ultimi anni sono state adottate maggiori precauzioni. Le attrezzature sono migliorate. Oggi, ad esempio, si vedono materassi gonfiabili utilizzati come tappeti di atterraggio. Questi materassi non sono in grado di gestire tutto, ma sono già più sicuri dei materassi di schiuma del passato.

Ritengo che il successo di uno spettacolo circense non si limiti alle esibizioni folgoranti e ai numeri accattivanti. Pur garantendo che la magia e la meraviglia rimangano intatte, gli artisti, il personale e il pubblico dovrebbero potersi sentire al sicuro per tutta la durata dell’evento.

In qualità di artista circense con un’esperienza diretta di un infortunio grave, come promuove la consapevolezza sulla sicurezza tra i giovani artisti del circo?

Durante la fase di apprendimento è importante non saltare nessuna tappa e iniziare sempre con esercizi preparatori prima di lanciarsi in performance troppo pericolose. Un artista che esce da una scuola di circo o da un passato di atleta di alto livello sarà molto più aggiornato sulle regole di sicurezza fondamentali e vitali rispetto alla maggioranza di artisti provenienti da famiglie circensi che si sono formati solo sotto un tendone. Per aprire una scuola di circo al giorno d’oggi è necessario superare una serie di esami così come per diventare istruttore di arti circensi, e l’aspetto della sicurezza fa parte dell’insegnamento. Questi giovani artisti inizieranno quindi la loro carriera dopo aver imparato come ridurre i rischi per raggiungere il massimo delle loro performance.

Può raccontarci come l’incidente ha influenzato la sua visione del rischio e della preparazione mentale prima di affrontare una nuova esibizione?

Sono consapevole che non si può migliorare in questa disciplina senza correre rischi, ma credo che si possano correre rischi misurati e rimanere comunque vigili. La piattaforma del mio podio è alta 1,40 metri più l’altezza delle canne (sono questi bastoni su cui si fanno le verticali) + i mattoncini che impilo sopra le canne, il che significa che a un certo punto mi trovo a più di due metri da terra con le mani.

Se per gli eventi di gala devo esibirmi in una sala priva di una struttura a cui attaccare un cordino di sicurezza, accetto di esibirmi solo su un podio più basso (a un’altezza di 90) centimetri e lì non vengo ancorata. Nella parte del numero più tecnica e pericolosa, mio marito, che mi fa da assistente, mi sta vicino ed è particolarmente vigile. Conosce la mia routine e sa leggere i miei movimenti e anticipare eventuali mosse sbagliate. Gli affido il compito di garantire la mia sicurezza, così come affido la mia sicurezza alla persona che tiene il cordino quando lavoro al circo.

Quando sono sul mio podio alto, quello che uso esclusivamente quando lavoro nel circo, sistematicamente, dall’inizio alla fine, lavoro con la sicurezza di un cordino perché nel mio caso è completamente e definitivamente impossibile che io atterri in piedi. Inoltre, la barra di metallo sulla nuca potrebbe ferirmi.

Mi gestisco mentalmente attraverso molte ripetizioni e allenamenti, ponendo l’accento sulla tecnica per analizzare e riprodurre i movimenti più perfetti possibili. Provo ogni giorno per mantenere la fiducia in me stessa, mi alleno per perfezionarla e per essere sempre più sicura.

Il paradosso è che a volte mi alleno troppo nelle ore in cui non mi esibisco. Allora arrivo in pista stanca e questo influisce sulla mia sicurezza. È un aspetto che devo tenere sotto controllo.

In Italia, dagli anni 90, manca un grande circo classico, come poteva essere il Moira Orfei o l’American Circus degli anni d’oro, di conseguenza il pubblico ha perso amore per questo tipo di spettacolo. Lo testimonia  il fatto che la parola circo ha molte volte un significato”dispregiativo” e viene usato per identificare qualcosa di caotico, poco serio. E’ così anche all’estero? Si intravede un cambio di rotta?

Stiamo attraversando un periodo di transizione che, per alcuni circhi, è difficile da superare. Alcuni sono ancorati al passato e ho l’impressione che siano soprattutto questi circhi a perdere pubblico e a essere oggetto di maggiori critiche. Personalmente, ho notato che i circhi che hanno svoltato e offrono uno spettacolo moderno e nuovo hanno sempre successo.

Molti circhi hanno capito che devono cambiare. Molte cose sono cambiate, usiamo effetti digitali, le stagioni sono diverse e ciò che era inimmaginabile 10 anni fa ora è richiesto dal pubblico. In effetti la mia esibizione fa parte di questo cambiamento.

Attualmente siamo in Inghilterra con il circo Gravity. Gli spettacoli sono molto spesso sold out, abbiamo pubblico di tutte le età, standing ovation, e non ho affatto l’impressione che il circo abbia un significato “dispregiativo”. Al contrario, riceviamo molti complimenti. Questo ci fa molto piacere e ci sprona a continuare a dare il meglio di noi.

Il mondo del circo italiano è estremamente frammentato: classico che non vede di buon occhio il contemporaneo e viceversa, festival che strizzano l’occhio al mondo classico e altri più innovativi, la diatriba sull’utilizzo degli animali e così via. Forse, invece che accentuare le divergenze, bisognerebbe provare a fare sintesi e cogliere gli aspetti positivi di tutte le correnti e continuare sulla strada tracciata magistralmente dal Soleil o altre produzioni come quelle di Daniele Finzi Pasca. Come vede il futuro della scena circense? Cosa le piace e cosa non le piace?

Ci sono due modi di fare spettacolo: o creo uno spettacolo che mi piace, ma c’è il rischio che il pubblico non mi segua (è possibile farlo solo se si ha sufficiente esperienza e solide risorse finanziarie) oppure posso rispondere alle esigenze del pubblico di oggi.

Allora metto in scena uno spettacolo che si avvicina il più possibile a ciò che mi piace, ma che deve soprattutto piacere al pubblico. Un direttore di circo deve anche rendere conto alla sua compagnia e per guadagnarsi da vivere non può permettersi di allontanare una parte del pubblico. L’obiettivo è incantare il maggior numero di persone possibile. Ancora una volta il circo si trova in uno stato di cambiamento. Ci sono sempre meno orchestre, non ci sono quasi più animali, ci sono circhi che hanno effetti con getti d’acqua o ologrammi. Io sono ancora una buona spettatrice e mi piace essere stupita, che si tratti dell’abilità di un artista, di un effetto di luce o di una tecnica che non ho mai visto prima. E, per tornare a me, so che molte persone si stupiscono perché uso una tecnica che ho creata io stessa e il mio spettacolo crea emozioni. All’inizio si vede una sedia a rotelle, che è una cosa piuttosto negativa, ma io la trascendo e trasmetto un messaggio. Quello che mi piace del circo oggi, oltre al suo aspetto familiare, è che è capace di dare un messaggio positivo e incoraggiante.

Un numero sempre maggiore di spettacoli che produciamo ha un nome e un tema e costruiamo la sceneggiatura intorno a quello. Lo spettacolo che stiamo producendo si chiama Equilibrium. Presenta artisti che eseguono numeri di equilibrio e ci concentriamo anche su aspetti più virtuali, come l’equilibrio tra normalità e follia o tristezza e gioia. Credo che sognare sia uno dei più grandi piaceri che possiamo avere e, fondamentalmente, dobbiamo offrire al pubblico qualcosa da sognare.

Parliamo di quella brutta razza che sono i giornalisti. Se ti limiti a fare l’ufficio stampa tutto bene, ma se azzardi critiche vieni tacciato di non amare il circo. In altri ambiti la critica è molto più feroce (cinema o teatro per esempio), in Italia ci siamo invece abituati ad una certa “benevolenza” o clientelismo in alcuni casi e sudditanza psicologica in altri. Mi capita spesso di sentirmi dire “ma come osi criticare Monte-Carlo”. Che ruolo deve avere la critica circense perché faccia crescere culturalmente il mondo del circo?

Ci sono due modi di criticare: uno distruttivo e l’altro costruttivo. È quest’ultimo che può far crescere culturalmente il mondo del circo. Come abbiamo detto in una domanda precedente, l’assunzione di rischi fa parte dello spettacolo circense e quindi anche il giornalista deve correre il rischio di essere criticato quando esprime sinceramente la sua opinione.

Se il giornalista che critica non accetta di essere criticato a sua volta, dove stiamo andando?

Anche essere un critico è una forma d’arte. Tutti gli artisti sono soggetti a critiche perché si espongono davanti a un pubblico. Gli artisti sanno che possono essere criticati e non sempre elogiati. L’artista corre questo rischio e anche il giornalista critico deve essere in grado di correrlo. Se non hanno le spalle abbastanza larghe per accettare le critiche, è meglio che cambino mestiere.

È nella nostra anima di artisti voler dare il meglio di noi stessi e naturalmente vorremmo ricevere solo complimenti, ma dobbiamo essere abbastanza forti mentalmente da accettare anche le critiche.

La persona che riceve la critica deve essere in grado di analizzare: la critica è buona, è giustificata, può cambiare il mio comportamento?

Io non sono sicura che il mio spettacolo piaccia a tutti, ma sono pronta ad ascoltare le critiche che mi aiutano a evolvere e a diventare una persona migliore.

7) L’ultima domanda, come tradizione, può farla lei a me.

Silke: Ora ci sono le cosiddette arti ausiliarie, la grande illusione, le ombre cinesi, le bolle di sapone e i pickpockets. Fanno parte della rinascita del circo o sono un’interferenza degli spettacoli di varietà nel circo? Che cos’è per te il circo? È uno spettacolo che si svolge sotto un tendone su una pista circolare e, in tal caso, il circo ha una ragion d’essere per le arti correlate?

Davide: È una bellissima domanda e la ringrazio per avermela fatta, ne discutiamo spesso anche tra noi giornalisti e abbiamo visioni differenti. Il rischio di virare verso lo spettacolo di varietà c’è e penso alle ultime tournée di Knie dove troviamo un cabarettista che parla in tedesco (perdendo così la caratteristica dell’universalità) o un cantante pop. Dipende dalla motivazione per cui queste scelte vengono fatte. Se è una scelta artistica può piacere o meno ma va rispettata, se invece sono scelte economiche dettate dal fatto che per riempire lo chapiteau sei obbligato ad inserire personaggi famosi afferenti al mondo della musica o del cabaret allora significa che le cose non stanno funzionando bene e mi preoccupa un po’.

Quando magia, illusionismo, ombre cinesi sono funzionali alla narrazione e sono fatte bene (perché ci sono bolle e “bolle”, ombre e “ombre”) e vengono scelte perché contribuiscono ad un climax va benissimo; quando sono solo riempitivi senza valore artistico per poter arrivare a due ore di spettacolo allora siamo decisamente fuori strada. Come diceva lei bisogna stupire e fare sognare lo spettatore, se questi obiettivi non vengono raggiunti credo vada rivisto qualcosa. Non mi spaventa la contaminazione e anzi, l’ibridazione tra gesto tecnico, musica, danza e teatro può essere un valore aggiunto. Mi spaventa quando diventa solo un mix casuale e arraffazzonato.