Nella nostra epoca non è difficile incontrare un clown bianco, il problema è riconoscerlo. Sono clown nascosti, mascherati, che spesso sfuggono alla comprensione.
Ma partiamo dall’inizio. Ho cominciato a interessarmi di clownerie ormai qualche anno fa, grazie a un vecchio libro ormai fuori commercio: “I clown” di Tristan Rémy, la cui prima edizione in lingua francese risale al 1945.
Tristan Rémy, che potete vedere di persona nel bellissimo documentario “I clowns” di Federico Fellini, è stato uno dei più importanti storici del circo. A lui dobbiamo l’enorme merito di aver raccolto e trascritto le più famose entrée dei clown francesi d’inizio Novecento, gag tramandate solo oralmente che altrimenti sarebbero andate perdute, ma anche di aver descritto le vite dei più importanti clown del circo moderno, ricostruite sulla base di documenti storici e testimonianze dirette.
Grazie a quelle pagine ingiallite ho incontrato per la prima volta i clown bianchi: eleganti, bellissimi e autoritari; e i loro compagni di viaggio, i clown chiamati “augusto”, sgangherati e pasticcioni, vestiti con abiti sformati e grotteschi.
Cercherò di spiegare cosa sia un clown bianco con degli esempi comprensibili a tutti. Se Fantozzi è l’equivalente di un augusto maldestro e imbranato, il Duca Conte Semenzara, che lo maltratta e opprime, è per molti versi l’equivalente di un clown bianco (per la verità in Fantozzi potremmo dire che il clown bianco è rappresentato dall’intero sistema sociale). Se Aldo del trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo” è simile a un augusto pasticcione, Giovanni è il clown bianco, rigido e ordinato, mentre Giacomo è una figura intermedia versatile (lo storico trio di clown Fratellini, famoso a inizio Novecento, probabilmente aveva dinamiche abbastanza simili).
Il clown bianco, considerato a fine Ottocento la massima espressione della clownerie, il punto d’arrivo per un clown, nel Novecento è stato lentamente spodestato dall’augusto, fino a cadere nell’oblio, sommerso dalle nebbie del tempo.
Ma i clown bianchi sono davvero scomparsi?
Quelli che utilizzano la tradizionale estetica del clown bianco e si definiscono tali, come per esempio il magnifico Fulgenci Mestres Bertra, in arte Gensi, sono effettivamente sempre più una rarità. Tuttavia, può essere ci siano molti clown bianchi sotto mentite spoglie.
Come si distingiuono da un augusto? Personalmente credo che il marchio indelebile dell’augusto sia il fallimento: l’augusto fa ridere perché fallisce, sbaglia, si confonde, si caccia nei guai; si può dire che scivoli sempre su qualche buccia di banana. Il clown bianco no: non fallisce mai!
Prendiamo il grande David Larible. Fa ridere a crepapelle, ma non fallisce. È invece abilissimo: suona vari strumenti musicali, canta con voce intonata, balla con grazia, fa persino qualche giocoleria. La sua è una entusiasmante rivalsa. Ha il naso rosso e il costume da augusto, ma è prevalentemente un clown bianco, che spesso fa interpretare al pubblico la parte dell’augusto, ma con poesia e dolcezza, restando sempre delicato e autorevole, mai autoritario.
Quando ho visto Bacanal del Circo de Los Horrores ho pensato la stessa cosa del personaggio di Lucifero: un abilissimo clown bianco, che trova il suo augusto di volta in volta nel pubblico.
I clown bianchi non sono estinti: si sono solo cambiati d’abito.
Non hanno più un ruolo cristallizzato; si sono ritagliati spazi di versatilità, tanto che possono diventare improvvisamente augusti all’occorrenza; non sono più autoritari, ma al più autorevoli. Forse si sono nascosti ai nostri occhi anche perché l’autorità, dopo le tragedie del Novecento, è diventata spiacevole, un recondito motivo di terrore.
I clown bianchi ci sono, e possono essere grandiosi. A noi tocca ritrovarli e capirli, in modo da inserire la loro arte nella continuità storica, ricostruendo binari solo apparentemente interrotti.
Armando Talas