Lonato in Festival, una notte d’agosto, con le luci vive delle bancarelle e la folla davanti allo chapiteau del circo El Grito. Tutti vogliono vedere L’Uomo Calamita, il famoso spettacolo scritto e diretto da Giacomo Costantini, con la voce narrante di Wu Ming 2, autore del celebre collettivo bolognese. Non tutti riescono a entrare: i posti sono limitati e già prenotati. Alcuni imprecano sommessamente, più d’uno tenta la carta della supplica; molti si limitano ad aspettare pazientemente con la speranza che qualcuno non si presenti, in modo da poter entrare al posto suo.
Dentro l’atmosfera è satura di fumo di scena. Al centro, proprio davanti a me, un’accetta piantata in un ceppo, circondata da foglie d’autunno, gialle e rosse.
Poi lo spettacolo ha inizio, con la voce potente di Wu Ming 2 che racconta la vicenda dell’uomo calamita. Le parole, la scenografia, persino la forma dei corpi… tutto mi trascina indietro nel tempo, in un passato che non ho mai vissuto, fino al 1940. C’è la guerra, la minaccia delle camicie nere, ci sono gli artisti del circo che fuggono e lasciano vuoto il loro chapiteau; c’è una bambina di nome Lena, che ammira un circense in particolare, un supereroe dai poteri misteriosi: l’Uomo Calamita. Io stesso vengo invitato a sentire il peso del ferro da stiro che gli resta appiccicato sul petto, inspiegabilmente.
L’epopea dell’Uomo Calamita è una continua, spaventosa lotta contro i fascisti e contro le leggi della fisica; fugge, ma ritorna camuffato, indossando un complesso marchingegno che pare un’armatura futuristica, ma che si tratta in realtà di un vestito musicale, che permette di suonare sfruttando due mantici ai piedi.
Poi tutto è un fluido precipitare di accadimenti e di numeri di giocoleria, equilibrismo, illusionismo, con l’Uomo Calamita che comincia a utilizzare le sue incredibili doti nella guerra partigiana. La storia non ve la racconto tutta, perché va vista, o meglio vissuta, sotto lo chapiteau.
Ci saranno la voce e il flauto traverso di Wu Ming 2, la batteria e i sintetizzatori di Cirro a portarvi laggiù; e soprattutto ci sarà lui: l’Uomo Calamita.
Non è solo circo, bensì un connubio mirabile fra arte circense, illusionismo, musica e narrativa drammatica, con aspetti profondamente innovativi. Non si tratta di sperimentazione fine a sé stessa, ma di trovate imprevedibili e azzardate, che fanno battere il cuore. Potrete dire di aver visto qualcosa di raro e speciale, una forma d’arte ibrida, con la grandezza luminosa delle contaminazioni riuscite, delle storie eterne, dei sogni troppo veri.
Foto da pagina ufficiale Lonato in Festival – Studio Fotografico Movida