Lo ammetto. Fino a poco tempo fa ero convinto che fosse un artificio illusionistico, qualcosa di incentrato su un banale espediente come quello di finte lame retraibili oppure su una sorta di membrana che fungesse da guida e fodero. Invece è tutto vero. Incredibile. La lama entra effettivamente nella bocca, nell’esofago, nello stomaco. “Ricordo di aver impiegato quasi sei mesi solo a passare la gola, ma ogni volta riuscivo ad ottenere di più, a capire di più. Ho abbandonato tavole di anatomia e specchi per concentrarmi sull’ascolto del corpo, accorgendomi che era più un discorso mentale che fisico”, mi dice il mangiatore di spade Alexander De Bastiani in arte Shezan.
Ma è pericoloso?
“Non mi sono mai fatto male per il semplice fatto che è una di quelle cose che o riesci a fare o no, la spada o passa o non passa. Chiaramente è senza filo e senza punta, perché sarebbe fisicamente impossibile e non può danneggiare con tagli. Il punto più difficile è il transito nella gola che richiede un particolare controllo muscolare. I muscoli dell’epiglottide, infatti, si muovono per riflessi condizionati non gestibili e riuscire a controllarli implica grande concentrazione, senza di essa la gola non si apre, la spada resta lì e non serve a nulla spingere. Arrivano i conati. Aiuta un rituale che non è coreografico ma ti accompagna, con una sequenza di movimenti, al rilassamento dei muscoli della gola in modo che l’epiglottide non prema sulla spada e non faccia scattare il riflesso condizionato”.
Eppure mi chiedo come sia approdato a quest’arte, cosa l’abbia spinto a tentare di mangiare una spada. Mi parla di circostanze, di attrazione, di visioni:
“Ho iniziato circa diciotto anni fa, colpito da quanto avevo visto fare ad una convention di giocoleria, la prima a cui ho preso parte. Da poco mi occupavo di certi spettacoli. Ero incuriosito dal fuoco e lì ho scoperto il fachirismo, con Attilio il Fakiro. All’evento c’era anche Claudio Borghi, che è stato determinante anche per Marco Cardona. Ci raccontò diverse cose della sua avventura, ma l’idea di inghiottire spade mi prese sul serio qualche mese dopo, quando, in un giro al mercatino dell’usato al Balon di Torino, vidi una riproduzione di un pugnale senza filo e punta che fece scattare in me una sorta di visione. Iniziai allora a studiare, ad impegnarmi in esercizi particolari, lavorando tantissimo sulla respirazione”.
De Bastiani ha lavorato ovunque, in festival di strada e nei teatri, in Italia, all’estero, ed ha anche uno show con la sua compagna. Il suo è uno spettacolo variegato che modifica a seconda delle circostanze, privilegiando sempre il rapporto col pubblico. Sono una serie di numeri legati ad un personaggio onirico, un genio che vive in una teiera e che cerca di risvegliare lo stupore nel pubblico perché è ciò che può liberarlo dalla sua prigionia nella teiera. Mi rivela che il mangiare la spada gli è richiesto soprattutto nelle feste medievali, dove lui è chiamato anche in veste di sputa fuoco.
Gli chiedo, allora, che impatto abbia su chi assiste agli spettacoli, come reagisca il pubblico alle sue performance. Nella sua risposta trasuda esperienza:
“Quando ho iniziato a proporre spettacoli con la spada, pensavo che fosse qualcosa che smuovesse il pubblico, che fosse il numero in sé a colpirli, il fatto che fosse pericoloso e poco visto, però mi sono reso conto che bisognava costruire diversamente il numero, puntare più sulla spettacolarità che non sulla cruenza. Oggi coinvolgo volontari, faccio roteare tre coltelli dopo aver ingoiato la spada. Non sono il classico fachiro che impressiona perché fa qualcosa di pericoloso e un po’ macabro, ma punto sul virtuosismo tecnico, sul mostrare che è possibile fare certe cose e farle con una certa componente di pericolosità, come può essere lo stare in equilibrio su un rullo. Mostro l’importanza della capacità di concentrazione e controllo del corpo, aspetto che più mi affascina del fachirismo”.
Ripenso all’associazione col Medioevo, al lungo cammino di quest’arte attraverso i secoli, al suo approdo alla modernità, a questa modernità. La società è cambiata e con essa è cambiato l’intrattenimento. Chissà se il pubblico di oggi ha la stessa capacità di ieri di farsi prendere e sorprendere.
“I meccanismi per cui reagisce la gente sono fisiologici – mi dice -. Se riesci a giocare bene nei tempi, a restare su questo aspetto fisiologico e non psicologico, funzionano le strategie di sempre. Puoi prendere dei volontari e coinvolgere il pubblico come sempre, ma i ritmi sono cambiati tantissimo. Conosco tanti artisti che sono davvero bravi, ma non si rendono conto che la capacità della gente di restare concentrata, di mantenere il focus, di non annoiarsi, va al di là della bellezza del loro spettacolo ed è mutata, i ritmi sono cambiati, accelerano costantemente. Si aspettano che il pubblico li capisca, così molti spettacoli non hanno cambiato ritmo, ma viviamo con ritmi sempre più sostenuti e il nostro cervello si adegua a questo meccanismo. Una delle cose che mi piace di più è proprio capire i ritmi e i tempi per essere presente, devo fare in modo di trovare un punto di contatto con la gente e spesso rompo lo schema dei numeri che propongo, sfruttando pretesti, soprattutto quando sono all’aperto, per commentare, sottolineare, punzecchiare. Il continuo spezzare il ritmo del numero è ciò che più mantiene la gente attenta. Anche se ciò che presenti è bello, rischi di perdere la gente perché pur riconoscendo la bellezza, il cervello in pochi istanti parte”.
Ma la gente ha chiaro che mangi davvero la spada?
“Inserendo il numero della spada in uno spettacolo di magia, spesso la gente si pone il dubbio che sia illusione, non ci crede ed io all’inizio me la prendevo, cercavo in ogni modo di far capire che tutto fosse vero ed ancora oggi ho una sequenza nel numero che mi permette di far verificare la spada, poi, però, ho compreso che mi interessava soprattutto rapire la gente dalla quotidianità e portarla in un mondo altro, dove l’energia e le sensazioni percepite sono più potenti. E’ importante che l’effetto funzioni nel momento in cui accade, la gente deve emozionarsi, stupirsi, restare a bocca aperta o spaventata. Quello che succede dopo, se pensano che sia magia, in fondo è secondario, è importante il modo in cui si vive il momento”.