La famiglia Zacchini e l’uomo proiettile

Avatar Angelo D'Ambra

Di uomini cannone se ne vedono sempre meno. La loro era la più folle delle esibizioni acrobatiche, la più temeraria, la più originale. Il loro spettacolo esprimeva a pieno la voglia di travalicare ogni limite umano, la smania di sconfiggere la forza di gravità e con essa la paura, il sogno di volare in alto, lontano e a grande velocità, come Dedalo e Icaro prigionieri di una realtà labirintica e forse mostruosa.

Tutto era iniziato da Rossa Matilda Richter, alias Zazel, che, nel 1877, all’età di diciassette anni, eseguì per la prima volta il numero della “donna cannone” al Royal Aquarium di Londra.

Zazel si infilava in un cannone e veniva sparata in aria sino a trenta metri. Il lancio veniva accompagnato con un po’ di polvere da sparo, per simulare l’esplosione delle bocche da fuoco dei campi di battaglia. L’effetto sul pubblico risultava sconvolgente e il successo portò Zazel a viaggiare con il Barnum Circus.

Quello usato dalla Richter non era un vero e proprio cannone, ma un dispositivo a molla ideato dal Grande Farini che poi George Loyal aveva nascosto in un obice, lanciandosi verso sua moglie, Ella Zuila, che lo afferrava penzolando da un trapezio. Fu la famiglia Zacchini a perfezionare il tutto.

Sotto la guida del capostipite Ildebrando Zacchini, acrobata italiano originario di Malta, Edmondo, Ugo, Bruno, Vittorio, Mario, Iolanda, Olga, Emanuele e Teobaldo, suo figli, si specializzarono in ogni arte circense, viaggiando da una sponda all’altra dell’Atlantico. Le loro fortune, però, mutarono quando, nel 1922, anno in cui si spense Zazel, inserirono nelle esibizioni dell’impresa di famiglia, il Circus Olympia, il numero del cannone.

Il merito fu di Edmondo che si fece sparare da un obice strutturato con congegno a molla in uno spettacolo svoltosi quell’anno al Cairo. Quella volta si spezzò una gamba e finì ricoverato in una clinica. Fu lì, nel letto dell’ospedale, che migliorò il congegno.

Si dice che, spronato da suo padre, abbia tratto ispirazione da progetti dell’esercito italiano legati alla sperimentazione di lanci di soldati sui campi di battaglia, utilizzando aria compressa e attutendo il loro atterraggio con paracadute. La tecnica, che si rivelò poco pratica per gli usi militari, si mostrò invece perfetta per l’attività circense degli Zacchini che presero il numero di Zazel e lo ripensarono con diversi accorgimenti.

Quando Edmondo poté tornare ad esibirsi, il risultato dei suoi studi e miglioramenti, fu grandioso. La gente aveva l’impressione che quei ragazzi fossero dei veri e propri proiettili, delle “palle di cannone umane”, soggetti a voli strabilianti e pericolosissimi. L’aria compressa sparava l’acrobata a centoquaranta chilometri orari, molto più lontano e più veloce del macchinario del Grande Farini. Erano proiettili umani o stavano usando il cannone come macchina per volare? Il pubblico li guardava col naso all’insù, attraversare il cielo come comete. Quel numero stupiva più d’ogni altro, sbalordiva, sorprendeva e finì con l’essere la principale attrazione del circo di famiglia. Senza accorgersene, gli spettatori venivano trascinati oltre l’ordinarietà, in un’esperienza incredibile. Grazie a quest’attrazione, nel 1928, gli Zacchini si unirono al Ringling Bros. e Barnum & Bailey Circus, divenendo celebri negli States e introducendo via via novità e sperimentazioni al loro show. Ad esempio, nel 1934, Ugo e Vittorio iniziarono a farsi sparare insieme contemporaneamente da due cannoni fissati ai lati opposti del tendone. Più tardi furono scagliati insieme dallo stesso obice.

Diversi loro emuli, come Martin Bardo, Gaston Richard e Harry Ackenhausen, perirono nell’impresa e qualche rischio anche gli Zacchini lo corsero. Chi veniva lanciato riportava spesso diverse ferite, perfino fratture ossee, ma, ponderando con attenzione il numero in ogni suo aspetto, a cominciare da quella sorta di pezzo d’artiglieria che ne rappresentava il cardine, Edmondo e Ugo, che avevano entrambi studiato ingegneria meccanica, riuscirono a migliorarne la sicurezza. Il funzionamento del dispositivo di lancio finì progressivamente regolamentato da calcoli minuziosi. Il meccanismo fu gestito con perizia crescente e l’atterraggio divenne meno rischioso, tuttavia l’esibizione non restò priva di pericoli. Preparazione, prudenza, esercizio, impegno e sacrifici ne fecero qualcosa di sensazionale, ma non bastarono mai a garantire incolumità agli Zacchini.

La rivista Popular Science, nel 1933, scriveva: «Ugo Zacchini, the “Human Cannonball”, è un altro artista che ha calcolato l’effetto di ogni movimento del suo corpo nell’aria, calcolando le varie forze come un matematico studia il volo di un proiettile. Dal 1922 questa cometa sparata del circo è stata lanciata dalla bocca di un cannone, viaggiando per 145 piedi nell’aria in una rete. Ha calcolato che può guidare il suo corpo sei piedi a destra o a sinistra o può accorciare o allungare il suo volo di nove piedi controllando la sua posizione durante i tre secondi in cui viene scagliato rapidamente in aria. Ha anche calcolato l’esatta variazione dell’altezza del cannone che è necessaria quando raggiunge una città come Denver dove la pressione atmosferica è inferiore a quella del livello del mare. Sparato con la stessa angolazione e con la stessa forza in un’aria così rarefatta, avrebbe superato la rete. Quando è necessario modificare la distanza tra la bocca del cannone e la rete di sicurezza, i colpi di prova vengono sempre sparati con un manichino esattamente delle dimensioni e del peso dell’esecutore. Nonostante sia nell’aria appena sei secondi durante le due esibizioni quotidiane, lui e suo fratello hanno impiegato praticamente otto ore al giorno per esaminare il meccanismo del cannone, fare manutenzione e ispezionarlo, per assicurarsi che sia in perfette condizioni. A meno che Zacchini non colpisca la rete sulle spalle alla fine del suo arco in aria, è probabile che si ferisca la colonna vertebrale. Suo fratello minore, Victoriano, ha subito un infortunio alla schiena mentre è stato lanciato per quasi 200 piedi a Coney Island, New York, la scorsa estate. Il fratello maggiore di Ugo, Edmundo, si è rotto le gambe cinque volte mentre perfezionava il meccanismo del cannone. Finora sarebbero stati uccisi una ventina di uomini nel tentativo di emulare l’ardita impresa dei fratelli Zacchini. L’atto del cannone è rischioso, il che gli conferisce un grande potere attrattivo. Ugo ora contempla una variazione ancora più spettacolare. Ha in programma di essere sparato attraverso un buco nel tetto della tenda, scendere attraverso un altro buco nella tela dopo aver attraversato la cima della tenda e prendere l’arco dalla rete di sicurezza in cui atterra! L’acrobazia può essere eseguita e dovrebbe attirare il pubblico, che, sebbene non voglia davvero che nessuno venga ucciso, si diverte nel vedere qualche altro essere umano correre grandi rischi».

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e gli uomini coinvolti nel conflitto, furono le ragazze a continuare gli spettacoli, divenendo più famose dei fratelli e dando poi vita a due rappresentazioni diverse. Nel 1965 c’erano ben cinque spettacoli Zacchini che si esibivano negli Stati Uniti ed il pubblico accorreva entusiasta a vedere quegli artisti ora vestiti da astronauti.

Il tempo portò via gli ultimi esponenti della famiglia e consegnò tutto alla storia.