Il Salieri e l’armonia delle sfere celesti

Avatar Armando Talas

Questo articolo non vuole essere una recensione, ma un resoconto emotivo, il racconto di un’avventura creativa, di un viaggio attraverso territori artistici impervi e inesplorati, fino al cuore vivo dell’arte circense. Non potrà essere né completo, né imparziale, e non vuole esserlo.

Per prima cosa dovete immaginare il palcoscenico del Salieri Circus Award: una scatola magica sul cui fondo appaiono immagini vivide, così suggestive da portarvi con la mente in luoghi lontani; sotto, quasi invisibile, un’orchestra di 34 elementi, diretta dal Maestro Diego Basso, la cui musica emerge vibrante dal profondo, quasi venisse dalle viscere del palcoscenico.

Nell’antichità si credeva che i corpi celesti, collocati su orbite circolari, emettessero un suono continuo nei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, impercettibile all’orecchio umano, formando tutti insieme un’unica musica, un’armonia celeste.

Ho cominciato a pensare all’armonia delle sfere guardando l’esibizione di Inna Yeremenko, che fa giocoleria con gli anelli, piccoli e grandi, immaginando fosse il loro movimento nell’aria a creare la musica che nasceva da sotto il palcoscenico, in realtà abilmente eseguita dagli orchestrali.

Questo gioco meraviglioso mi ha accompagnato per molte esibizioni, fino a diventare perfettamente credibile durante l’esibizione di Alexandra, Hula-Hoop dancer, già campionessa mondiale di ginnastica ritmica, i cui movimenti perfetti sembravano davvero generare la musica che li accompagnava.

Spesso gli sfondi delle esibizioni erano cieli accesi, rossi e infuocati, oppure notti stellate, con galassie vive e mutevoli, in grado di trascinare la mente nel cosmo, nella totalità del creato. Così le suggestive bolle di sapone di Augustin Viglione, artista argentino, potevano diventare corpi astrali mutevoli e fragili, stelle che nascevano e morivano, mondi dentro mondi, quasi venisse inscenata una scientificamente assurda, ma artisticamente vera, rappresentazione dell’universo. Una sensazione analoga mi è capitata con i Dekru, abilissimi mimi che con il movimento dei loro corpi sanno dipingere mondi sconosciuti, fino a sembrare alieni degli spazi siderali o fluttuanti esseri marini.

Questi sono solo alcuni esempi, che vogliono cercare di comunicare l’esperienza che lo spettatore può avere al Salieri Circus Festival. È come se ogni esibizione avesse il potenziale di trascinare la mente in un altro mondo, ammesso che la si voglia lasciar andare, che le si conceda di andare lontano.

La musica accompagna questi voli pindarici, li sostiene come un vento impetuoso. Solo in pochi momenti l’ho vista tacere; ad esempio prima del salto mortale sul filo teso di Nicol Nicols, come se in quell’istante il tempo si dovesse fermare, la rivoluzione dei corpi celesti arrestarsi.

Ho anche visto nascere un astro. Sì, anche se in realtà è più opportuno parlare di rinascita o trasformazione, perché nulla si crea e nulla si distrugge. Si tratta di Silke Pan, che è tornata sulle scene dopo molti anni con un nuovo numero. Si intitola Oltre ed era giustamente fuori concorso, perché altrimenti avrebbe certamente vinto, vista l’inaudita portata emotiva dell’esibizione, che arriva al sublime.

Ho omesso di citare molti artisti, la maggior parte, ma ognuno meriterebbe un applauso, anche adesso che il festival è finito e la musica tace, così come lo meritano certamente il Direttore Artistico Antonio Giarola e tutti coloro che hanno permesso la realizzazione del festival.

Ora che c’è silenzio e le stelle sembrano immobili, possiamo fermarci e riflettere su cosa significhi una tale innovazione artistica per il mondo del circo italiano, e meditare sulla natura stessa dell’arte circense, che come l’universo è eterna, ma mutevole.