L’anulare ramingo lungo la dorsale nuda. Lei si alzò dal letto, prese la biancheria di seta e si infilò quella visione: “Il mese prossimo saremo in Ucraina. Ricordi quella piccola casa nel campo di girasoli? Fermiamoci lì, per il resto della nostra vita. Le coperte saranno di lavanda e i tramonti di vino rosso”.
Il lanciatore di coltelli scostò le lenzuola, si abbottonò e avvicinandosi alla porta, sentì rimarcare: “E non mi dici nulla?”.
“Serviranno dei soldi, vado a guadagnarli”.
Quella notte, al tavolo da gioco, perse tutto. Lo sputafuoco lo scottò: “Tutta la mia vincita in cambio delle carezze della tua donna, solo per qualche ora”. Lui gli rispose con un gancio destro seguito da tanti punti esclamativi!
Passarono i trenta giorni ma le parole tra i due amanti rimasero ferme a quella proposta: non ne discussero più.
Il lanciatore di coltelli fu chiamato in pista, accolto dagli applausi. Lei entrò vestita con un catsuit di pelle nera e venne legata alla ruota in legno.
Rullo di tamburi, cenni compiacenti, come da copione, lanci perfetti.
Poi l’ultimo. Accompagnato da una novità inattesa: lei languida e lui, titubante, per la prima volta in carriera, sbagliò.
Conoscendolo come nemmeno lui immaginava, lei scostò il braccio ed evitò l’incidente. Il pubblico, credendo fosse tutto studiato, scoppiò elettrizzato.
La rincorse nello chapiteau, la vide preparare le valigie nel carrozzone. Cercò di fermarla: “Settimana prossima saremo ospiti dell’Imperatore della Città Sconosciuta, è un’occasione che mai più avremo!”. Gli occhi di lei, nel bel mezzo del trucco colato, si chiusero: “Questo è un coltello che va dritto al cuore, lo sai?”.
Cercò di dimenticarla moltiplicando le partite a poker, le bevute con gli scimpanzé e l’oro sulla divisa da scena.
Eppure capì ben presto, provando nuove compagne, che le proprie mani contavano poco. Tutto l’incanto di quel rischio risiedeva negli sguardi della sua complice. E si mise a scriverle così tante lettere che, tornato a Marsiglia, dovette mentire a se stesso. Prese la valigia delle lame e si diresse da un rigattiere. Si giustificò così: “Non ho più un soldo”.
Sulla soglia lo fermò il mangiatore di spade: “Non fare lo stronzo! Sai quanti errori ho fatto io? Eppure sono ancora qui. Un po’ di magnesia e anche il metallo più amaro si digerisce, fidati!”.
Lui gli pesto le scarpe lucidate da poco ed entrò.
Fu accolto da una donna con le lucerne verdi e i capelli estate indiana e immaginò nuove infinite albe, passate a contare le sue lentiggini.
Lei gli diede il benvenuto: “Le chiamo subito mio marito”.
Racconto di Paolo Negri, illustrazione di Eugenio Broggi
Tratto da “22 Arcani circensi, freaks e simili”, Il Cavedio (2022) ilcavedio@ilcavedio.it