Il giovanissimo Roberto Formisano ci accoglie sotto il tendone del Wegliams. Si mostra disponibile, ospitale, generoso. Ha ventidue anni ed è erede di un lignaggio importante, quello di suo padre Antonio e di suo nonno Roberto detto “Lo sceriffo”. Lo affianca Michael Perelli, anche lui giovanissimo, un clown scanzonato ed arguto, che lo aiuta a tirare fuori ricordi e pensieri. Ci fanno compagnia dai cavalli, poi ci conducono dai felini, la vera attrazione di questo circo, ed è qui che inizia la nostra chiacchierata…
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Roberto questi animali sono fantastici. C’è da stupire davanti alla bellezza delle tigri. Questi esemplari bianchi, poi, sono meravigliosi. Sono pulitissimi ed in ottimo stato. Complimenti.
“Ci prendiamo grande cura di loro, sono parte della nostra famiglia e della nostra storia. Abbiamo due tigri dalla classica colorazione e due bianche, tre maschi ed una femmina. Le abbiamo da due anni, sono cresciute con noi. Abbiamo pure un leone bianco. Hanno bisogno dai venti chili di carne, o poco più, un giorno sì e un giorno no. Questa è la loro dieta perché in natura non mangiano tutti i giorni. Pesano intorno ai duecento chili. Avrei voluto prendere una leonessa, anche per fare compagnia al leone, ma con questa storia che tolgono o non tolgono gli animali, non sappiamo cosa fare.“
Ecco, veniamo subito alla questione più scottante, quella degli animali nel circo. Infuriano le polemiche animaliste, si dice che i circensi li tengano male…
“C’è solo da venirli a vedere. Se uno li maltratta come farebbe poi a farli lavorare in uno spettacolo ogni giorno? È impossibile. Poi farlo lavorare… in realtà è più insegnamento di cose che già sanno fare, perché non fanno niente fuori natura.“
Ma ci sono stati dei controlli dei veterinari per poter istallare qui il vostro spettacolo?
“Sì, ad ogni tappa che facciamo ci sono sempre controlli ed è tutto nella norma, altrimenti non avevamo ancora gli animali. Per noi sono davvero parte della famiglia. Il rapporto che ho con loro è come un divertimento. Non è uno sfruttamento. Sono ancora cuccioli, per loro è tutto come giocare. Sono animali intelligentissimi, imparano rapidamente. Le tigri fanno tutto da sole, basta un bocconcino, loro lo seguono ed imparano. Non c’è costrizione, né servirebbe a qualcosa, si lavora in dolcezza, col premio.“
Credi che il pubblico vada al circo esclusivamente per gli animali?
“È una via di mezzo adesso. Non sai che fare. Ho visto circhi senza animali e il pubblico è quello. L’animalista che vuole togliere gli animali, poi non è che va al circo, non gli interessa nemmeno. Saremo noi il problema, forse non gli animali, basta dirlo.“
Pensi che ci sia di fondo discriminazione verso i circensi?
“Può essere, come in tante altre situazioni.“
Hai appena ventidue anni, sei giovanissimo…
“Lavoro con le tigri da un anno, ma le abbiamo sempre avute. Mi occupavo di pattinaggio e giocoleria. Mio padre lavora coi cavalli, mio zio Pascal mi segue, mi dà consigli, ha tanta esperienza. Lui ha lavorato anche coi leopardi, altro rispetto alle tigri.“
Perché?
“Perché sono molto più pericolosi delle tigri. Il leopardo ti attacca alle spalle, al collo, e non attacca da solo, ma in gruppo, perché riconosce che la preda è più grossa di lui. Anche l’addestramento è più difficile. Il leopardo è molto diffidente.“
Li avete tolti per questo?
“No, tutti sono morti di vecchiaia. L’ultimo è vissuto per ventidue anni. È morto nel 2016. Abbiamo avuto anche un rinoceronte. Proveniva dal Medrano e lo mostravamo solo nello zoo. Non l’abbiamo mai fatto lavorare. Era un pezzo di pane. Era bravissimo. Ogni tanto usciva, si grattava su qualche camion e poi tornava dentro da solo. Un animale così dolce, mai visto.“
Quindi gli animali restano con voi per tutto il percorso naturale della loro esistenza.
“Sì. Abbiamo con noi anche un’altra tigre che ha quindici anni e non lavora più, è in pensione. Resterà con noi, ci teniamo e non la diamo via. È così, ci si affeziona, si crea un legame, qualcosa di speciale che non riesco a descrivere. Ricordo quando ci morì l’elefante, sempre nel 2016. Andò via un pezzo del cuore del circo, fui distrutto, la sua scomparsa ha fatto male a tutti, come se fosse morto un familiare.“
Lo ringraziamo e ci avviamo all’esterno. Torniamo fuori, nelle strade di una prigione di cemento, sotto il sole cocente di questo insolito autunno. È emozionante sentire parlare così un ragazzo. Il suo attaccamento agli animali travalica quella che può essere la percezione comune. Si vede che è qualcosa di vissuto, di incamerato sin da bambino dai genitori. La proibizione dei numeri con gli animali vorrebbe dire anche la scomparsa di uno dei pochi luoghi di interazione tra uomo e natura. C’è un ragazzo e le sue tigri, c’è amore, cura e dedizione, c’è un pubblico che sogna e stupisce. Sarebbe tutto spazzato via. Siamo sicuri che sia proprio una conquista?