Verona, Fieracavalli, al calar del sole. I padiglioni, alti e vastissimi, creano una sorta di quartiere cittadino, e non rappresentano semplici spazi espositivi; racchiudono piuttosto una storia antica che si rinnova continuamente, vitale, che procede dall’edificazione del primo quartiere fieristico per cavalli, costruito nel 1772.
Passeggiando per questi spazi ampi si respira l’odore del tempo, non solo del tempo passato, ma anche del presente.
“Meraviglia”, con la regia di Antonio Giarola, è il più grande spettacolo equestre italiano e rappresenta questa storia viva, che lega indissolubilmente Verona e l’arte equestre.
Questa vicinanza è stata ben espressa dal grandioso quadro corale dell’Accademia del Gala d’Oro e Danza Unita, con oltre cento elementi tra cavalieri e danzatori, titolato “Insieme, vicini”.
Lo spettacolo ha visto anche l’eccezionale partecipazione della Fanfara della Polizia di Stato e del 4° Reggimento dei Carabinieri a cavallo, che si è esibito sulle note di una colonna sonora con molti pezzi rock; nomi come David Bowie, Led Zeppelin, Janis Joplin, solo per fare qualche esempio; il risultato è stato un particolare connubio tra ordine equestre e irriverenza musicale, un esempio di come l’arte possa travalicare mirabilmente gli schemi ordinari per creare emozioni (mai mi sarei aspettato di vedere dei Carabinieri esibirsi sulle note di “Knockin’ on Heaven’s Door” nella versione dei Guns N’Roses, chapeau).
Subito dopo si è esibita Alizée Froment, artista belga, con un emozionante numero di dressage che ha coinvolto anche la figlia di cinque anni, giovanissima promessa del circo del futuro.
Moltissimi i temi nobili trattati, tra cui hanno spiccato giovinezza, ambientalismo e inclusione.
Giuseppe Cimarosa ha presentato un quadro dedicato agli emigranti siciliani, toccando con passione il tema delle migrazioni, oggi di cocente attualità, dimostrando che l’arte equestre può parlare del tempo presente, che non ha confini, e può divenire un’efficace narrazione delle vicende umane.
Mi hanno colpito molto anche i Butteri Tolfetani di Cottanello e i Cavalieri della Maremma, che hanno ricordato con la loro esibizione la grande tradizione italiana della monta da lavoro, riportandomi alla memoria la storica sfida vinta dai butteri di Cisterna di Latina contro i cowboy del Wild West Show di Buffalo Bill, nel 1890.
Subito dopo sono volato con la mente nell’America degli anni Settanta, trasportato dalle note di “Grease”, colonna sonora utilizzata dal campione italiano di dressage Andrea Giovannini per omaggiare Olivia Newton-John.
Molto suggestivi anche Avatar, numero di volteggio accademico presentato dalla Sircus Academy, con al centro il tema del rispetto della natura e dell’energia cosmica, e l’elegante passo a due di Rudy Bellini e Francesca Brunelli, tratto dallo spettacolo «Chakras, viaggio nei colori dell’anima», sempre di Antonio Giarola.
Assolutamente indimenticabile il numero pirotecnico “Passione fuoco” della Cavallo&Company, con Marco Migliavacca e i danzatori del Tempio degli Elfi, difficilmente immaginabile per chi non l’ha visto. Io l’ho inteso come una disamina del simbolo fuoco in tutte le sue forme, note e ignote: il fuoco che traccia delle strade, possibili percorsi; il fuoco visto come elemento naturale, fatto divampare al centro della pista, ma anche artificiale, espresso come lucenti scintille che nascono dalle selle dei cavalli; infine, il fuoco mistico, come nebbia infuocata, che brucia intangibile attorno agli esseri umani.
Il gran finale è stato un inno al grande circo equestre, con un artista d’eccezione, Lorenzo, celebre in tutto il mondo per il roman riding (la corsa in piedi sulla groppa del cavallo), che ha presentato due quadri inediti con i suoi cavalli lusitani in libertà.
Lorenzo sembra un uomo che vive in piedi su un paio di destrieri, un piede su uno, un piede sull’altro. Potrebbe andare a far colazione in piazza così, e sorbire il caffè in piedi suoi suoi cavalli, e non escludo che saltuariamente lo faccia. Salta ostacoli, cambia continuamente direzione, guida in perfetta formazione sei cavalli bianchi e sei cavalli neri, sempre stando in piedi su due di essi, e tutto come fosse facile, naturale, un gioco da ragazzi.
“Meraviglia” non è solo un titolo: è stata la sensazione prevalente guardando lo spettacolo, la sua sintesi emotiva. Meraviglia di fronte alle potenzialità espressive dello spettacolo equestre e alla vastità delle tematiche umane che può trattare; meraviglia per il coraggio di rompere ogni schema, alla ricerca dell’anima umana, che in qualche mito dimenticato galoppa in equilibrio su un cavallo.