Intervista ad Elisabetta Bizzarro

Avatar Angelo D'Ambra

Il circo celebra intensi legami emozionali nell’istantaneità dello spettacolo. Ritrova se stesso ad ogni prova, ad ogni numero, nella tensione verso la perfezione dell’esecuzione, nel dettaglio, anche nell’errore. Serba, misconosciuto, un elemento di grandezza che altrove si va perdendo: la sincerità di vite che affrontano paure, difficoltà, sacrificio, impegno. La storia del Circo Città di Roma non è avulsa da questo, ha del poetico, come le città alla luce del tramonto e poi dell’alba, in un continuo ciclo di rinascite. La chiacchierata che abbiamo avuto modo di intrattenere con Elisabetta Bizzarro, sotto lo chapiteau di Maddaloni (CE), ripercorre questa lunga strada sino alle sfide del presente.

Il Circo Città di Roma ha un’importante storia. In particolare, suo padre, Elio Bizzarro, è stato una figura di spicco del panorama circense. Un artista a tutto tondo ricordato soprattutto come giocoliere ed equilibrista, anche innovatore…

“Apparteneva ad una famiglia antichissima del circo, di cui i miei figli sono la sesta generazione. Ai suoi tempi i circhi portavano spettacoli magnifici ed il Città di Roma ha raggiunto vette elevatissime, lavorando con due e tre piste ed artisti di caratura internazionale. È partito tutto dai miei nonni, Fioravante Bizzarro e Annamaria Carenza, ed a seguito i loro sei figli, Alvaro, Walter, Rina, Liliana, Bianca e mio padre. Ci hanno insegnato tanto, anzitutto il rispetto del pubblico, valori fondamentali come l’aver rispetto della gente, fare spettacolo con serietà e professionalità”.

Lei invece ha seguito le orme di sua zia Rina…

“Ho amato mia zia. Da bambina ero avvinta dalle tenere cucciolate dei suoi leoni, prendevo i leoncini tra le braccia, gli davo il biberon e ci giocavo. Tramite lei ho conosciuto l’addestramento in dolcezza che a quei tempi non era diffuso. Sapeva davvero trasformare i leoni in gattoni e l’approccio che aveva con i felini ha fatto sbocciare in me la passione per questa disciplina perché già trent’anni fa presentava un numero senza fruste. Così, crescendo ho seguito la sua strada come domatrice”.

Quali sono stati i momenti più gratificanti della sua carriera?

“Ce ne sono stati tanti, ma mi piace poter dire che i miei momenti più belli da artista sono i miei leoni, l’avere i miei animali. Loro sono le mie soddisfazioni. Poter far capire ad un leone o ad una tigre che gli vuoi bene, stabilire così una relazione di fiducia, è una soddisfazione grandissima. Da cuccioli hanno dormito con me, nel mio letto… e sono leoni e tigri, non cani e gatti. Sono indubbiamente animali pericolosi, molto pericolosi, ma sanno anche caprie l’affetto. Il leone si comporta in modo aggressivo con gli estranei, ma si fida di me”.

Ho notato che nel suo numero non compaiono piramide e salti…

“E’ una mia scelta. Offro al pubblico la semplicità di un rapporto rispettoso e genuino. Intendo comunicare l’imprinting che ho con i miei animali. Il mio è un addestramento a rinforzo positivo, ovvero qualsiasi esercizio i miei animali fanno ricevono sempre un premio. Anche se lo fanno male. Non possono eseguirlo sempre perfettamente. Mi interessa che recepiscano il messaggio che gli do, che lo capiscano, che non subiscano stress. Li ho allevati io. Ho cresciuto tigri e leoni, me ne sono presa cura, li pulisco, li addestro, ci vivo. Hanno bisogno di cure, attenzioni e di cibo, dai sei agli otto chili di carne al giorno, tutti i giorni. Ad oggi ho due leonesse, una di tredici anni e l’altra di quattro mesi, e due tigri, una di tredici anni e l’altra di due”.

Eppure la situazione è difficile. Il proibizionismo animalista si è fatto strada. Le capita mai di pensare che il suo potrebbe essere uno degli ultimi numeri di gabbia?

“Mi fa male tutto ciò. So che purtroppo è tracciata una strada, ma gli animalisti hanno mostrato anche cose non vere di noi, pratiche di addestramento non appartenenti al modo di operare diffuso in Europa. Dispiace. Abbiamo cambiato le nostre tecniche di addestramento. Dicevano che le tigri hanno paura della piramide o del salto, cose assolutamente non vere perché i felini, tutti i felini, saltano. La frusta poi è stato uno strumento del passato perché all’epoca piaceva l’idea dell’uomo che domava, ma in realtà semplicemente stuzzicavi gli animali, non li tormentavi. Non si potrebbe lavorare con un animale maltrattato, neppure si avvicinerebbe a te. I miei animali, invece, si accostano a me senza timori, la mia leonessa mi abbraccia e le porgo la carne con le mani senza alcun tipo di protezione a mio favore, niente fruste, niente bastoni. Tutto questo significa che di fondo c’è una grande intesa. Lei si fida di me, io di lei. Ci capiamo. Li chiamo e vengono, li accarezzo senza problemi, senza momenti coercitivi. Ciò testimonia che non c’è maltrattamento”.

Veniamo al suo spettacolo. Siete giunti in Campania con una prima tappa a Mondragone, dove purtroppo il tendone è andato distrutto nelle intemperie.

“Malauguratamente il maltempo ci ha portato via il tendone ed abbiamo subito danni rilevanti. Forse, chi non conosce le strutture ed il valore che hanno non potrà capire. E’ come vedere crollare una casa. Per alzare i tendoni ci sono anni ed anni di lavoro e di sacrifici. Quando in pochi minuti ti vedi crollare tutto non è una cosa che può lasciare indifferenti”.

Però siete ripartiti, vi siete rialzati…

“La gente del circo è fatta in questo modo. Non si perde mai di animo, si rialza sempre. Speriamo che il pubblico possa venire ai nostri spettacoli ed apprezzare il nostro mestiere. Vorremo rimettere in piedi tutto così. Proviamo a coinvolgere il pubblico in uno spettacolo tradizionale in chiave moderna. Amiamo portare avanti il circo tradizionale con gli animali e ci crediamo. Allo stesso tempo inseriamo dei numeri dal sapore moderno. Allo spettacolo prendono parte anche i miei figli, Elio, giocoliere, e Marco, comico, e mio cognato Shane Smart con un bellissimo numero di cavalli. Siamo impegnati a portare avanti il nome storico del Circo Città di Roma nel ricordo di mio padre e di mia sorella. Speriamo di riuscirci nel modo migliore”.

Le parole di Elisabetta Bizzarro viaggiano tra esperienza e sensibilità. I ricordi, gli insegnamenti, la famiglia sono la sua speciale bussola. Tutto si congiunge nel magico miscuglio di destrezza, coreografie, grazia e gag comiche del suo show. La ringraziamo per la disponibilità accordataci e raccomandiamo ai nostri lettori di prestare grande attenzione al Città di Roma. Il circo resterà fino al 18 dicembre a Maddaloni per poi trascorrere le feste natalizie a Torre del Greco.