Le Cirque World’s Top Performers, dopo ALIS, fa un secondo centro stagionale con lo spettacolo TILT, in cui arte circense ai più alti livelli, regia, giochi di luci, musiche, coreografie si fondono in uno show spettacolare e trascinante, senza soste, catturando il pubblico e portandolo per mano in un’altra dimensione per oltre un’ora e mezza.
Lo show ritorna dopo quasi tre anni dallo scoppio della pandemia ed è una geniale creazione dell’eclettico Onofrio Colucci, già direttore artistico e gran maestro di cerimonie di “Alis”. Onofrio Colucci, che di TILT è anche direttore artistico generale, si è ispirato a da “Ready Player One”, il capolavoro di fantascienza di Steven Spielberg, a sua volta tratto dal romanzo di Ernest Cline: in un futuro non troppo lontano, su un pianeta devastato e città divenute baraccopoli, gli abitanti cercano una via di fuga nel mondo virtuale di Oasis, dove Anorak l’Onnisciente lancia un concorso per la ricerca di un uovo di pasqua che farà guadagnare un quarto di trilione di dollari al vincitore.
Protagonista dello show è la compagnia di formidabili acrobati ucraini (che sono anche ballerini, attori, mimi), poliedrici ed affiatati, provenienti da Rizoma di Anatolyi Zalevskyi, con l’innesto di diversi artisti internazionali che a loro volta hanno arricchito il loro curriculum anche al Cirque du Soleil.
L’impianto scenico vede sullo sfondo una costruzione in tubolari metallici a due piani, una specie di condominio a sei stanze, tre sotto e tre sopra, collegati con scale a vista e pertiche a scivolo, ognuna dotata di due porte girevoli che permettono infinite soluzioni di entrate ed uscite coreografiche degli artisti.
Quattro personaggi indossano uno speciale paio di occhiali che li farà entrare nel mondo virtuale di Oasis. A loro si aggiungono altri ballerini e acrobati, entrando ed uscendo dalle porte girevoli, su un sottofondo musicale drammatico. Ed infine ecco Anorak, impersonato da Riccardo Forte, attore italiano di solide basi teatrali, formato alla Bottega di Vittorio Gassman e già protagonista della Melevisione: con la sua voce profonda, cavernosa e suadente sarà il gran maestro di cerimonie dello spettacolo.
La parola d’ordine è innovazione e creatività e così il salto della corda di Andrii Mudrenko, Anna Yastremska e Valery Dotsenko viene riletto e riproposto in una chiave totalmente nuova, molto dinamica senza pause: tre acrobati e due corde che passano di mano in mano, tutti e tre, a turno, fanno roteare le funi e sono agili allo stesso tempo, in una progressione di acrobatica, agilità, salti mortali e coordinazione perfetta.
C’è una dominante di circolarità, come se i cerchi astratti disegnati in aria dalle corde in rotazione si materializzassero nella ruota Cyr del possente Evgenyi Kravchenko, un uomo vitruviano per una performance di forza ed equilibrio, di orbite ed ellissi di precisione millimetrica.
Poi un altro cerchio, questa volta più piccolo, ancora il concetto di circolarità, questa volta in aria: Evgenyi incontra Oksana Zakharchuk e si fa da parte, mentre lei si libra in spericolate evoluzioni al cerchio aereo in rotazione su se stesso. Anche durante le performance singole, le coreografie continuano a dare un senso corale allo spettacolo, come quando scivola in scena un insolito attrezzo sormontato da un cerchio orizzontale rotante con Igor Gurkovsky spettacolare verticalista.
Cambio radicale di atmosfera, sound anni 80 con “Maniac” di Michael Sembello (dalla colonna sonora di Flashdance) per la travolgente performance di pattinaggio acrobatico degli Skating Jasters. Il brasiliano Dimerson “Jimmy” Baeta, un glorioso trascorso da trapezista volante, è il porteur, mentre come agili si alternano negli spettacoli le spericolate Susan e Jessika Sterza, esponenti delle omonima celebre dinastia circense italiana, entrambe uscite dall’Accademia d’Arte Circense di Verona. E’ un numero intriso di tricks ad alto contenuto di adrenalina, davvero mozzafiato, come il tourbillon con la cinghia “collo a collo” finale. Una nota: gli Skating Jasters sono stati per anni protagonisti del meraviglioso quadro dei nativi americani innamorati nello spettacolo “Totem” del Cirque du Soleil.
Come la quiete dopo la tempesta, su un accompagnamento classico scivolano sul palcoscenico Pavlo Bachurin e Andrii Zheman due danzatori in calzamaglia, dalle movenze aggraziate, che propongono una rivisitazione (alquanto maldestra, per la verità) del Lago dei Cigni, con un rapido susseguirsi di gag dai tempi comici perfetti. Improvvisamente la musica volge al drammatico, un cambio di costumi “a vista” e i danzatori si trasformano in un favoloso (e serio, molto serio) duo di mano a mano. Sollevamenti, plance e figure da manuale, forza e equilibrio perfettamente calibrate. La plancia finale dell’agile ad “un solo braccio” sulla testa del porteur è un quadro statuario di bellezza stupefacente. E a sorpresa, dopo la fine del numero, eccoli riprendere la loro vis comica, come se il “mano a mano” fosse stato solo un cameo serioso dentro il loro esilarante pas de deux.
Rispetto alla prima tournée di Tilt, risalente ormai a circa tre anni fa, la scaletta ha subito diverse variazioni con l’innesto di nuovi artisti come Dmitry Talan con i suoi equilibri e le spericolate evoluzioni in sella alla sua Bmx. Giovanissimo e spaventosamente sicuro di sé, si avvale della collaborazione di tre partner che usa come ostacolo umano, saltandole in sequenza, a più riprese, con un sangue freddo invidiabile.
Alexandr Novac è spesso in scena, a capo delle coreografie e impreziosisce le performance dei colleghi con le sue splendide verticali in equilibrio solo sulla testa. Anche lui ha il suo momento, in un bellissimo quadro di verticali sincronizzate su diversi livelli: lui a terra (la sua specialità), davanti a Karina Kravchenko su una pedana a due canne. Dietro di loro, su altre due canne, ma ad oltre due metri di altezza c’è Igor Gurkovskyi, elegante, preciso e potente. Il poderoso gesto atletico in rotazione della sua ultima salita in verticale gli vale il boato della sala.
Per tutto lo spettacolo non compaiono mai in scena inservienti o tecnici: i montaggi delle attrezzature diventano movimenti coreografici degli altri artisti e sono parte integrante dello show, che scorre senza stacchi, senza tempi morti, dando una visione quasi cinematografica all’insieme. Il palo acrobatico è una derivazione del palo cinese, specialità che richiede forza e equilibrio, che Yulia Atanasijevic personalizza in modo molto sensuale, fondendo danza, acrobatica e contorsionismo.
Dmitriy Kulyk e Oleg Sych sono due autentiche macchine da guerra: la loro disciplina è il palo aereo, una delle specialità di più recente introduzione, che alle abilità acrobatiche richieste da pertica e palo unisce la difficoltà dell’attrezzo appeso e quindi in oscillazione. Quello che riescono a fare questi due straordinari acrobati, in parte alternandosi e in parte in perfetta sincronia, è qualcosa di sbalorditivo: salite, prese impossibili, figure plastiche, discese a testa in giù e stop incredibili, con classe, disinvoltura e apparentemente senza sforzo alcuno. Il finale con rincorsa sincronizzata a due, salto e stop senza mani sul palo oscillante, piazzato sulla chiusa della musica, è un capolavoro. La freddezza, l’eleganza e la precisione di due veri fuoriclasse.
Entrata nella compagnia di Tilt in questa edizione, Noemie Beauchamp, canadese di Montréal è una aerialista completa, specialista in trapezio fisso, tessuti e bungee-trapeze che ha lavorato per anni in diversi spettacoli del Cirque du Soleil. Nella continua ricerca dell’innovazione, nel 2012 scopre un nuovo attrezzo con cui esprimere la sua creatività e di cui oggi è una delle poche esponenti: le catene aeree. Si tratta di una novità assoluta, un attrezzo in continuo moto circolare e che per sua natura permette di dar vita ad un quadro aereo di grande suggestione e drammaticità, soprattutto se abbinato ad una colonna sonora di forte impatto. E qui la regia va a nozze: su un quadrante superiore della scenografia, dunque allo stesso livello dell’aerialista, Aurelie Dauphin accompagna la performance di Noemie vocalizzando “The Great Gig in the Sky” dei Pink Floyd. Acrobatica, canto dal vivo, regia, scenografia: siamo su un altro pianeta.
Una giocoleria molto particolare è quella proposta da Vitalii Yarchuk che anziché cimentarsi con i tradizionali cerchi, clave o palline, utilizza degli ingombranti palloni da basket. Oltre a coordinazione, abilità e prontezza, per gionglare oggetti di questo tipo è richiesta anche una certa forza e resistenza (considerato il peso). Da non sottovalutare che i palloni da basket, per la loro forma e struttura, non possono essere afferrati come i normali oggetti, il ché rende molto più difficoltosi lanci e prese. Le cose si complicano ulteriormente quando i palloni da tre diventano quattro e poi cinque…
Ancora un intervento coreografico di insieme con un grande cubo di metallo che passa di mano in mano sulle teste di tutti: l’ultimo ad afferrarlo è Bohdan Tokarskyi che propone un originale numero di abilità e giocoleria con il grande cubo. In ogni momento dello show, la regia luci restituisce una fotografia spettacolare a cui si aggiungono le proiezioni delle scenografie sui pannelli laterali. Inoltre gli artisti non sono mai soli in scena: i loro colleghi arricchiscono le performance con movimenti coreografici corali.
Ritorna il vecchio incappucciato Anorak che confessa di avere sempre avuto un sogno: quello di suonare la chitarra. Il sogno si realizza e Riccardo Forte (Anorak) si rivela non solo attore, ma anche chitarrista. Anzi un ottimo chitarrista che per tre minuti ci cala in un concerto rock e con disarmante virtuosismo ci sfodera l’assolo finale di Comfortably Numb dei leggendari Pink Floyd, arrivando a suonare addirittura con i denti. Brividi.
Accompagnata dai due statuari acrobati ai pali aerei, ritorna in pista Jessika Jasters. Figlia d’arte (mamma e papà sono i celeberrimi Giacomo Sterza e Elena Busnelli, i Jasters, star internazionali di lancio di coltelli e tiri con le balestre), diplomata all’Accademia d’Arte Circense di Verona, oltre allo skating è specialista nell’antipodismo, la particolare giocoleria con i piedi. Abito da sera rosso fuoco, si accomoda sulla trinca per una dinamica e sensuale performance con sottofondo molto rock, facendo roteare con grande abilità fino a quattro tessuti con mani e piedi.
I tessuti aerei di Aurelie Dauphin sono qualcosa di magico: elegante, raffinata, tecnicamente impeccabile. Francese, otto anni da star al Cirque du Soleil negli spettacoli Ovo e Corteo, artista aerea sopraffina, aggiunge qualcosa che va oltre l’immaginabile: esegue tutte le sue evoluzioni cantando. Lo fa in una lingua surreale, usata anche al Cirque du Soleil, fatta di parole non comprensibili, ma di vocalizzi e melodie che toccano l’anima. Considerate le difficoltà tecniche che un numero aereo comporta a oltre sei metri di altezza, sbalordisce la capacità di mantenere intatti il sostegno del fiato, l’emissione del suono e l’intonazione. Un numero poetico ed emozionante, di una bellezza commovente.
Un dolce sottofondo di pianoforte accompagna l’ingresso nel suo “cerchio magico” del direttore artistico, il Maestro, l’immenso Anatolyi Zalevskyi. Ucraino, diplomato alla scuola di circo di Kiev, una carriera sfolgorante, un palmares impressionante: Medaglia d’Oro al XXI° Festival du Cirque de Demain a Parigi nel 1998, Clown d’Oro al XXIII° Festival Internazionale del Circo di Montecarlo nel 1999, per anni star assoluta dello spettacolo Zarkana del Cirque du Soleil dove, caso unico tra gli artisti, prima del suo numero veniva annunciato con il suo nome. Nel 1999 Alain Frère, consulente artistico del Festival di Montecarlo fin dalla sua prima edizione, scriveva: “Se i criteri per la perfezione per un numero di equilibrio sono la tecnica, l’originalità e lo stile, il giovane Anatolyi Zalevskyi li riunisce tutti”. In Tilt presenta il suo numero “white act”, praticamente intatto, quello vincitore a Montecarlo (anche la colonna sonora è quella originale al pianoforte), con cui ha rivoluzionato il verticalismo, creando quello che ormai viene definito “lo stile Zalevskyi”, da molti imitato, ma mai eguagliato. Su quella piattaforma bianca c’è qualcosa di magico: un Artista vestito di bianco che con la sua classe e la sua eleganza, i suoi equilibri perfetti, le sue figure che si trasformano, quasi liquide, evanescenti, ci conferma di essere al cospetto di un monumento vivente che ha scritto una pagina della storia dell’arte circense.
E al termine, l’esplosione del pubblico: tutta la compagnia si schiera sul palco, Anatolyi al centro, per la meritata ovazione e poi scende in mezzo alla platea, come per dimostrare che, al di là di tutto, sono umani come noi. Nel frattempo il palco viene attrezzato per la sorpresa finale: gli Adrenaline Troupe, cinque artisti che hanno preso parte alle coreografie di tutto lo spettacolo e che si ritagliano il loro momento di gloria con una serie pirotecnica di volteggi e salti mortali ai trampolini elastici sulle note di “Jump” dei Van Halen. Una chiusura col botto.
L’eterna diatriba tra circo tradizionale e circo contemporaneo si infrange e si frantuma sullo scoglio della qualità, che qui è alta, davvero molto alta. Una compagnia di grandi artisti, supportata da una impeccabile squadra di tecnici (regia, luci, audio, costumi, trucco & parrucco…) e una direzione artistica attenta e competente, sono gli ingredienti essenziali per il successo. E in Tilt l’impasto è dosato alla perfezione. Le ultime date di Firenze, dopo una breve sosta, saranno seguite da una serie di nuovi spettacoli in primavera, già annunciati sul sito www.lecirquetopperformers.com. Da non perdere assolutamente.