Spesso ho assistito a scontri accesi su che cosa sia, o cosa debba essere, il circo nella nostra epoca. La risposta sembra banale, ma non lo è affatto, perché il circo tradizionale, inteso come quel meraviglioso complesso viaggiante nel quale si propongono le esibizioni di acrobati, di giocolieri, di clown e di animali ammaestrati, è diventata solo una delle molte forme dell’arte circense, la più classica ma anche la più criticata.
Se è difficile oggi unificare l’arte circense, viste le sue innumerevoli declinazioni, risulta assai più facile chiarire cosa il circo non sia, e cosa non debba essere.
Per prima cosa il circo non è uno sport.
Occorre fare chiarezza sulle incolmabili differenze tra circo e sport, ma soprattutto comprenderne le implicazioni. Partiamo dal rapporto con il pubblico. Gli spettatori pagano per andare allo stadio a vedere una partita di calcio o in un palazzetto dello sport per assistere a qualche competizione sportiva, si divertono diventando parte di una tifoseria; non pretendono assolutamente che gli atleti facciano spettacolo, ma che diano il massimo per vincere e sconfiggere l’avversario. Se c’è qualche gesto tecnico spettacolare tanto meglio ma, per utilizzare l’esempio del calcio, i giocatori non puntano a fare goal di tacco o in rovesciata, ma a fare goal e basta, per vincere la partita. Traggono forza e coraggio dai loro tifosi, ma giocano indipendentemente, anche a porte chiuse.
Nel circo è tutto diverso: l’artista si esibisce per divertire il suo pubblico. Senza pubblico, il circo smette di esistere. Il gesto tecnico diventa solo un mezzo per dare spettacolo, non l’obiettivo principale. Se un circense fa una straordinaria evoluzione acrobatica ma gli spettatori, per mille ragioni, non si sono divertiti, l’artista ha fallito, anche se è il più bravo al mondo a fare quel numero, perfino se ha stabilito un nuovo record.
In generale grandi doti tecniche rendono un numero potenzialmente più spettacolare rispetto a un altro simile di qualità tecnica inferiore, ma nel circo ci sono le luci, la musica, la coreografia, la scenografia, la regia… mille ingredienti che trasformano la nuda tecnica in arte. Un grande gesto tecnico mal illuminato, accompagnato da una musica pacchiana, senza una vera regia alle spalle sfigurerà se confrontato con un numero di qualità tecnica inferiore, ma confezionato magistralmente con l’obiettivo di evocare emozioni negli spettatori. Chi non accetta questa realtà dell’arte circense, spiace dirlo, ha i giorni contati.
Bisogna aggiungere che il pubblico può non divertirsi per molte ragioni, anche solo perché è troppo stanco e lo show è eccessivamente lungo; oppure perché in un dato momento un certo numero risulta fuori luogo, inadatto all’atmosfera che si è creata.
Gli artisti di circo che ogni giorno si allenano per migliorarsi continuamente sono da lodare, stimare e ringraziare, ma devono essere consapevoli che non fanno uno sport, che il risultato finale sugli spettatori, l’unico che davvero conta, dipende da molti elementi artistici che vanno oltre il gesto tecnico.
Per queste ragioni incontrano un enorme successo di pubblico Le Cirque du Soleil, comunque di indubitabile valore tecnico, così come i circhi tradizionali che hanno saputo rinnovarsi e le piccole realtà che propongono progetti innovativi, mentre assistiamo al graduale e inesorabile declino di realtà storicizzate per cui il gusto e il piacere del pubblico sembrano passati in secondo piano, magari proprio in favore di logiche pseudosportive o politiche.
Esiste un gesto non propriamente tecnico che nel circo, come in ogni arte, resterà sempre fondamentale: gettare il cuore oltre l’ostacolo. Oltre le logiche di chi è restato fermo al Novecento, secolo meraviglioso ma passato; oltre le caste; oltre la tradizione quando diventa una gabbia; oltre il circo inteso come sport acrobatico o nuovo show dei record. Per quanto mi riguarda, e non credo di essere il solo, il circo è molto di più: una forma d’arte raffinata, antica e sempre nuova, concepita per il piacere del pubblico.