“Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni”. 

Con questo celebre incipit inizia The Haunting of Hill House, lo straordinario romanzo dell’orrore della scrittrice statunitense Shirley Jackson.

Da sempre sperimentiamo questa impossibilità a mantenere costante la nostra percezione della realtà: ogni giorno abbiamo bisogno di dormire, ovvero spegnere la mente e sognare; scendiamo nell’oblio del sonno dopo una lunga giornata e ci lasciamo condurre nel mondo misterioso dei sogni. Si tratta di una vita parallela di cui al risveglio serbiamo solo brandelli di memoria: il ricordo dei sogni tende a sfumare appena aperti gli occhi, fino a svanire, con rammarico o sollievo. Molti credono siano solo riflessi distorti della vita reale, evocati dal cervello addormentato senza alcun motivo, altri danno alla vita onirica un’importanza molto maggiore. Perché gli esseri umani sognino resta un mistero, ma una cosa è scientificamente certa: chiunque sia impossibilitato a dormire troppo a lungo perde la sanità mentale, esattamente come afferma Shirley Jackson. 

Facciamo però un passo ulteriore. Gli esseri umani tendono a evadere dalla realtà anche da svegli. Involontariamente, come quando ci perdiamo nei nostri pensieri; o più spesso volontariamente, quando scegliamo una forma d’intrattenimento. Per un certo tempo decidiamo di allontanarci dalla realtà, lasciamo che la nostra mente sia trasportata altrove, e questa evasione rappresenta un piacere. Esiste persino la possibilità concreta che sia un’esigenza della mente, esattamente come dormire.

L’offerta d’intrattenimento, circo compreso, è stata molto varia nel Novecento e intrecciata con mille fili dorati alla cultura, ma oggi lo è straordinariamente di più e ogni paradigma del passato sta svanendo come un sogno nel sole del mattino. Con un semplice smartphone o un tablet qualsiasi individuo può evadere dalla realtà e intrattenersi per ore. Inoltre, questo nuovo tipo d’intrattenimento, fatto di contenuti multimediali e social media, è interattivo e può permettere un ruolo attivo ai suoi fruitori. Ognuno può ritagliarsi un cosmo virtuale costruito su misura, in base ai propri interessi, ed è collegato al resto del mondo, potendo usufruire di una quantità di contenuti praticamente illimitata, gratuitamente o a prezzi contenuti. Chi pensa che il mondo del circo sia immune da questi stravolgimenti epocali si sbaglia di grosso.

Basta osservare gli spettatori della generazione Z (nati tra la fine degli anni Novanta e il 2010) che riprendono o fotografano le performance di circo con lo smartphone: lo spettacolo assume un nuovo significato, non è più utilizzato solo come intrattenimento individuale, diventa una fonte di contenuti da condividere in rete. È la particolarità dell’esperienza che conta, e ancor più conta poterla condividere. Altrimenti è quasi come non fosse mai accaduta, come non fosse stata vissuta pienamente. Gli spettacoli dal vivo diventano in sostanza una parte della linfa vitale che scorre nella rete. Esistono quindi molti “spettatori tramite”, che scelgono di non immergersi totalmente negli spettacoli dal vivo, ma di documentarli e condividerne delle parti. Ci troviamo anche di fronte a nuovi mezzi d’intrattenimento, estremamente raffinati, cangianti e spesso interattivi, che hanno un enorme successo perché studiati per assecondare le complicate e mutevoli esigenze degli individui. 

Sorge quindi una domanda ineludibile.

Lo spettacolo dal vivo continuerà a destare interesse vista questa sterminata offerta multimediale? Per quanto mi riguarda la risposta è sì, ma a determinate condizioni.

Sopravviveranno le arti performative, in grado di toccare profondamente l’emotività degli spettatori presenti, perché eterne sono le Muse dell’Arte, e in generale avranno un seguito tutti gli spettacoli davvero strabilianti, la cui forza non può essere resa in modo ottimale da nessun media. Chi crede si possano replicare con successo formule anacronistiche si sbaglia di grosso.Il circo di domani avrà successo se riuscirà a creare forme d’evasione dalla realtà migliori di quelle di massa, più soddisfacenti per le esigenze della nostra psiche. 

Oggi più che mai mi sembra fondamentale il concetto di “immersività”, costrutto inizialmente pensato per la realtà virtuale, ma che può rappresentare il futuro di molti spettacoli dal vivo di successo. Immersività non è fare entrare in trance gli spettatori per propinargli quello che crediamo arbitrariamente sia bello e giusto, bensì coinvolgerli personalmente all’interno di uno spazio artistico inedito, costruito appositamente, con rispetto e perizia.

Occorre apparecchiare un banchetto dei sogni per soddisfare questa profonda e universale esigenza di fuga dalla realtà, e quindi bisogna conoscere i gusti dei propri convitati, le esigenze nutrizionali della loro psiche, le idiosincrasie. Lo spettacolo ideale del futuro, almeno per quanto mi riguarda, è quello in grado di far sperimentare ai partecipanti la sensazione d’esser fatti della stessa materia dei sogni. 

Quest’ultima frase può suonare criptica e altisonante, quindi do qualche spiegazione: credo che lo spettacolo ideale debba avere il potere di far immergere completamente gli spettatori in un cosmo artistico sconosciuto, dove siano in qualche misura protagonisti, partecipi, proprio come avviene nei sogni, e dove possano sperimentare emozioni precluse nel mondo virtuale.