“Carnesky’s Showwomxn Sideshow Spectacular” _by Marisa Carnesky (UK) UK , Brighton Festival 2024 _ “Dream Again”

Avatar Roberta Gulisano

Se scavate nella memoria, troverete sicuramente qualche reminiscenza di vecchi film in cui carrozzoni e tendoni erano popolati non solo da atletici ginnasti, potenti domatori di belve, coloratissimi clown, ma anche da un’altra “specie” di artisti, i “Freaks” : il popolo del “Side show”.

Il Sideshow (o meglio “outside show”- lo spettacolo fuori [dal tendone]), ebbe il suo picco tra la fine dell’800 fino a circa gli anni ‘30. La sua forma più conosciuta, esponeva “rarita’ umane”, i cosidetti “Freaks”: persone deformi, nani, giganti, gente piene di tatuaggi, la donna cannone, l’uomo scheletro, uomini forzuti, fachiri…Era lo show senza la performance, dove la sola esibizione dell’essere umano nella sua peculiarità provocava già meraviglia.

Marisa Carnesky, performer di grande esperienza e visione, con grande acume riprende in questa sua produzione il concetto del side show fondendo la tradizione con l’attualità sociale, fancendoti balzare tra un palco e l’altro dal secolo che fu a quello che stiamo vivendo, declinando tutto al femminile e oltre,come si intuisce dalla che sostituisce la di “women” a vantaggio di una più ampia inclusione di genere.

Lo spettacolo si svolge all’aperto, in un pomeriggio ventoso ma chiaro. Elder Place, il posto della performance, è una piccola strada tra palazzi vecchi e nuovi, che non rendono giustizia alla particolarità della messa in scena, ma comunque ha la sua facilità di accesso. La strada adiacente è stracolma di gente in attesa dell’apertura del cancello, alla cui testa si legge “ Carnesky’s Showwomxn Sideshow Spectacular _ Amazing Performers Channelling Exstraordinary Herstory” (… Qui la traduzione mi diventa complessa: Lo Spettacolare Sideshow di Show-women_ Incredibili Performers Che Incarnano la Storia (al femminile)..-se cosí posso tradurre il gioco di parole! .

La folla si accalca e si aggruma subito attorno al primo dei nove palchi , posti a destra e a sinistra della piccola strada, l’ultimo in fondo in uno spiazzale, dove le perfomer aspettano di ammaliare il loro pubblico, palco dopo palco, con le loro “stranerie”: la ragazza tatuata che cammina sui chiodi, si martella un chiodo da 20cm nel naso e cammina sulle spade, il clown-mimo, la contorsionista funabola che all’improvviso vediamo salire al cielo ( la folla era troppa e chi come me era lontano non vedeva l’artista a terra, l’effetto è stato notevole!), la pattinatrice che danzando giocolava con 10 hoola hoops (!!!) fino ad arrivare alle wrestlers (pezzo più apprezzato dalla folla) e ancora altro…

Molti adulti e molti bambini, vengono ad un certo punto attratti dal un breve storytelling su alcune pioniere del circo, come Mercedes Talma , la “regina delle monete”, con conseguente gioco di prestigio a testimonianza che la tradizione si perpetua con successo e rinnovato sbalordimento del pubblico!

La peculiarità dello spettacolo nella sua straordinaria semplicità è che questa stravagante passerella di artiste, rappresenta il “manifesto” dell’arte di Marisa Carnesky, quello che lei chiama l’Utopia Matriarcale: un mondo fatto di spettacolo, di arte, declinato al femminile, dove l’essere donna è già in sè il “Freak” , il “caso umano”, nelle sue più audaci declinazioni: nella creativita’, nella forza, nella stravaganza, nella sua indole selvaggia e pur sempre piena di grazia.

Anche questa volta, ci troviamo davanti non un vero e proprio spettacolo circense, ma a una performance che prende in prestito dal circo la storia, I talenti, le abilità, i costumi, le stravaganze, per farne un uso intellettuale, una performance sociale in cui tirare le somme di una società sempre poco gentile col genere femminile, che oggi prova a scrivere una storia (una “herstory”) da un altro punto di vista, il punto di vista del “freak”, lo strano/ la strana in questo caso!

Insomma, oltre al diletto e allo svago di vedere brave artiste esibirsi, si torna a casa pensando a quei peculiari slogan posti a titolo di ogni palco, in bella grafia “classica circense” e pensando che sí: non puó che essere il circo la metafora più riuscita di quella utopia sociale di inclusione totale, quel piccolo mondo in cui tutti – gli strani, i reietti, i deformi, i bastardi, le donne “non madri, non mogli” , i non-gender, gli anarchici della società ‘classica’, nessuno escluso – hanno un ruolo e ciascuno è degno di rispetto.