Una storia meravigliosa di conchiglie, cantieri e carote
Colorno non è solo la sua imponente Reggia Ducale, antica dimora estiva dei duchi di Parma, Farnese e Borbone; per gli appassionati di circo Colorno è soprattutto “Tutti matti per Colorno”, il festival internazionale di circo contemporaneo costruito dalla direzione artistica di Teatro Necessario.
Il mio viaggio in questo luogo dalle meraviglie è iniziato in una roulotte, con altre sette persone. Officina Oceanografica Sentimentale, lo spettacolo della compagnia Samovar, è proprio così, per definizione: uno spettacolo di spatole, rotelle e onde per sette viaggiatori nella roulotte/teatro. In effetti c’era una persona in più, eravamo in otto. Entrando a ogni spettatore viene data una grossa conchiglia, con cui ascoltare il rumore del mare. Poi inizia uno spettacolo piccolo, a tratti minuscolo, ma incantevole, costruito con abilità attoriale e macchine di Rube Goldberg, ovvero astrusi e ingegnosi meccanismi meccanici, artigianali e fantasiosi. Si tratta di un piccolo gioiello per anime inclini alla poesia e alla bellezza, un insieme minimale di clownerie musicale, teatro comico-poetico e marchingegni. Chi voglia caos, rumore o sbranamenti stia pure alla larga, perché in quella roulotte regna il tenue rumore del mare.
Nell’uscire dalla roulotte, trasognato, mi sono perso con la mente nei barocchi giardini alla francese della Reggia, disegnati da un artista della simmetria. Tornato nella piazza antistante il palazzo, ho incontrato gli adepti della “setta” di Matteo Galbusera, intento a costruire il suo nuovo spettacolo, The White Lord. Agli spettatori, che devono interpretare i fedeli di una fantomatica setta, vengono dati un mantello viola, ricamato con simboli arcani, carta e penna. Poi il loro guru, impersonato dallo stesso Galbusera, vestito di nero e con un occhio bendato, una specie di fusione tra Capitan Harlock e il cantante dei Judas Priest, li porta in processione attaccati a una corda. Ho assistito a parte della successiva liturgia, quando gli adepti sono stati trasferiti in un apposito luogo nei giardini della Reggia, al riparo da occhi indiscreti. Dire che sia uno spettacolo dissacrante è poco, non rende l’idea del tipo di arte che esprime. Si tratta di un misto di credibili discorsi da leader carismatico, che riappare di bianco vestito, e parodie feroci dei riti tipici delle sette, con alcuni fedeli che fingono di svenire in mistico deliquio quando il loro Lord gli sfiora il capo. La parte sui miracoli del Lord non teme la blasfemia, e non si pone problemi su cosa sia “politicamente corretto”. Considerando la preoccupante diffusione di sette d’ogni genere, il tema è sicuramente molto interessante, ma è prematuro dare un giudizio definitivo sullo spettacolo, ancora in via di costruzione e mancante del finale.
Lasciati i folli riti di Galbusera, intento a tramutare l’acqua in vino, mi dirigo al cortile designato per ospitare Mauvais Coton, ottimo spettacolo acrobatico dove viene utilizzato un particolare attrezzo, una semisfera oscillante con un palo al centro, simile a un enorme fungo capovolto. L’acrobata, in giacca e cravatta, arriva a grande altezza, sedendosi alla sommità del palo oscillante, e compie evoluzioni altamente spettacolari. L’artista crea anche un suo simulacro utilizzando un pupazzetto, e gli fa assumere un ruolo da protagonista nel gioco delle acrobazie, fino a distruggerlo volutamente, come un enfant terrible che rompe il suo balocco.
Dopo una breve pausa per cena, ovvero un panino con la famosa spalla di San Secondo, mi dirigo nel giardino ormai carico di ombre per il primo spettacolo serale.
Si tratta di Extension, prima nazionale del nuovo show di Cirque Inextremiste. La narrazione inizia con uno dei tre protagonisti, Rémi, artista paraplegico, che è derubato della sedia a rotelle e sottoposto a numerose vessazioni da parte dei due amici. Uscito di scena, i due personaggi che si sono divertiti alle sue spalle compiono dei giochi di equilibrismo con bombole del gas e assi di legno, come scapestrati vagabondi nel cantiere abbandonato di una periferia degradata. Nel momento culminante, mentre i due sono in precario equilibrio, con un percepibile fremito di tutto il pubblico, avviene la riscossa: il perimetro posteriore della pista è abbattuto da uno scavatore guidato da Rémi, che usa questa macchina come estensione del suo corpo. A questo punto sarà lui a divertirsi a spese degli amici.
L’intero spettacolo è pervaso di crudeltà giocosa, come quella che possono avere i bambini, ma anche, soprattutto, da un senso di comunanza e vicinanza reciproca. Chi non ha ancora ben compreso la portata esistenziale che può assumere l’arte circense dovrebbe vederlo, perché unisce alla spettacolarità acrobatica un’enorme ricchezza emotiva.
Lasciata alle spalle l’oscurità fitta e carica di mistero dei giardini, seguendo il sentiero illuminato, mi dirigo nel cortile della Reggia per l’ultimo spettacolo, ovvero Vent d’Ouest, della compagnia francese Les P’Tits Bras, altra prima nazionale.
Qui le atmosfere sono del tutto diverse: siamo nel mito americano del Far West.
Un longilineo e magrissimo sceriffo, dinoccolato e caricaturale, con delle carote nel cinturone al posto delle pistole, arriva nel suo nuovo paese. Qui incontra i suoi antagonisti, una famiglia di spietati e simpatici fuorilegge, che lo deruberanno. La narrazione, leggera ma per nulla sciocca, permette l’espressione di grandi numeri circensi, altamente spettacolari. Memorabili il numero di Russian Cradle e il salto mortale su filo teso inclinato, ma anche i numeri aerei, che hanno visto gli artisti abitare il cielo sopra la Reggia, ad altezza vertiginosa.
Al termine dello spettacolo viene rivelata la natura del tesoro che era stato sottratto al nuovo sceriffo. Si tratta di carote, elemento ricorrente, usate come sigari, come armi, come oggetti preziosi. Una delle artiste ne afferra una per lanciarla al pubblico. Un istante prima che alzi il braccio penso: la lancia a me. L’ho presa al volo.