LA NOTTE di Natale mi sono goduto il Circo di Montecarlo. Prostrato dall’inflazione televisiva dei cuochi creativi che assassinano un ottimo filetto farcendolo con cioccolata e fragole. E dall’alluvione di ex canzone italiana ridotta a un lagnoso ectoplasma che presto paralizzerà l’Italia per una settimana. Disamorato da un calcio che cerca un’improbabile innocenza nei bambini mascotte in maglia e scarpini, condotti per mano nelle cerimonie d’apertura. Stremato dai film di 60 anni fa, proiettati e riproiettati per 60 volte. Nauseato dagli atroci delitti ridotti a serial tv, condotti con tecnica processuale, gli avvocati difensori che negano tutto, l’imperdibile scoop dell’intervista al cognato del cugino del presunto assassino o della vittima. Irritato dal ripescaggio di svampite showgirl, gonfiate come rane di Esopo che non scoppiano mai. Indignato dal fatto che si debba aspettare Capodanno per ascoltare un concerto di musica sinfonica e chissà quale altra data per un’opera del teatro classico. Disgustato dall’ultimo colpo di mano della pubblicità tv che irrompe nel film senza uno stacco, quasi fosse la continuazione della scena. Avvilito da tutto ciò, dicevo, per oltre un’ora mi sono deliziato allo spettacolo più antico e popolare del mondo.
CI VOLEVA il principato più miliardario d’Europa, ospitale con i contribuenti più pidocchiosi del pianeta, ingolfato di yacht lunghi come incrociatori, intasato di monolocali che costano come attici e attici che costano come la reggia di Caserta. Ci volevano questo principe e queste principesse chiacchieratissimi per trovare il coraggio di proporci gli immortali clown con la pallina rossa del naso in mezzo a una faccia incipriata di borotalco. Per oltre un’ora mi sono incantato a vedere gente di cui non conosco né ricordo il nome esibirsi senza rete in eccezionali numeri di coraggio, provati e perfezionati tutta la vita. In compenso conosco il nome dell’igienista dentale, con tanto di vitalizio della Regione Lombardia, che si cucca 200 mila euro per partecipare all’Isola dei famosi (e se all’ultimo momento in un rigurgito di decenza, si tirerà indietro, non importa, è già desolante il fatto che se ne sia parlato tanto).
MI SONO BEATO al contorsionista che forse un giorno non riuscirà più a districarsi e dovranno portarlo al pronto soccorso. E all’atleta che si lancia da dieci metri con doppio tuffo carpiato, ma sotto non c’è una piscina, solo un tappetino sorretto da quattro fanciulle. Ho cercato di seguire il mulinello di acrobazie della troupe di Pechino e mi sono più che mai convinto che quei piccolissimi cinesi siano fatti di caucciù.
Guardavo le coppie di artisti circensi esibirsi in numeri strabilianti e pensavo al loro curioso destino. Sposati o conviventi, non possono tradirsi, separarsi, divorziare, perché se uno dei due se ne andasse, resterebbero due spostati, incapaci di ricominciare con un altro partner altrettanto in sincronia, per esempio nello scambiarsi vorticosamente sessanta palline colorate.
GUARDAVO i bambini che non hanno mai giocato con il trenino, l’orsacchiotto, o il pallone da calcio, ma soltanto con gli elefanti che se li catapultano da una schiena all’altra e li lanciano con la proboscide in tripli salti mortali. Altro che Annibale e la sua traversata delle Alpi. La mia personale standing ovation ai principi che, la notte di Natale, ci hanno regalato gli ardimenti, la grazia e l’ingenuità del Circo di Montecarlo. Noi, mestamente, torniamo al nostro circo quotidiano.
di LUCA GOLDONI