44° Festival du Cirque de Demain: il racconto

Avatar Armando Talas

🇫🇷 ARTICLE EN FRANCAIS

Cieli sopra Parigi, Gennaio 2025.

Quando andavo al Festival del Circo di Monte-Carlo, qualche anno fa, arrivavo nella capitale monegasca sempre in automobile. Era un lungo viaggio, costiero, accompagnato prima dal blu del mare ligure, poi dai litorali assolati della Costa Azzurra. Oggi quel tragitto rappresenta solo il passato. L’arte non vive di anacronismi; quando si tenta di piegarla ai dettami di un’epoca che non esiste più, fugge via.

A Parigi arrivo sempre in volo e mi sento proiettato nel futuro.

La Ville Lumière mi accoglie con le sue luci e il soffio del libeccio, che porta una pioggia sottile. La via per lo chapiteau del Cirque Phénix, dove si sta per tenere la 44ª edizione de “Le Festival du Cirque de Demain”, è tracciata da una fila di lampioni dalla luce abbagliante.

Quando mi fanno accomodare a lato della pista, suona in sottofondo Stairway to Heaven dei Led Zeppelin. Scelta appropriata, perché si tratta veramente di una scala per il cielo.

(c) Laurent Bugnet

In effetti si è esibito anche un angelo, Ess Hödlmoser, artista canadese, che ha proposto un omaggio a Barbette, storica circense d’inizio Novecento, una delle prime Drag Queen della storia. Barbette entrava in scena vestita da donna e solo a fine numero, disvelandosi, si rivelava come uomo. Il numero di cinghie aeree di Ess segue lo stesso filo, ma l’ambiguità viene completamente risolta nel sublime. Come per un angelo, diviene irrilevante il genere, perché la sua forma è pura bellezza, e risulta trascendere queste categorie. Probabilmente un effetto simile può essere creato dai grandi ballerini, come Nizinskji; solo che Ess vola.

(c) Laurent Bugnet

Estremamente diverso, ma comunque memorabile, il numero di diablo del trio Fly, proveniente da Taiwan. Soprattutto mi hanno colpito il tempismo, la perfetta sincronia, la capacità dei tre artisti di disegnare un quadro complessivo con i loro lanci. Peccato il passaggio finale, di difficoltà estrema, non sia riuscito al primo tentativo, rompendo un climax magico. Questo stesso problema, la rottura del climax al suo culmine, è capitato a Danil Lysenko e Delaney Bayles, giocolieri di grande talento e presenza scenica, che hanno presentato uno scanzonato numero di clavette e anelli, molto divertente. Sì tratta di errori scusabili quando la difficoltà esecutiva è così alta, ma che evidenziano come molti artisti abbiano la tendenza a osare troppo, a cimentarsi in esercizi al limite delle proprie possibilità.

Divertentissime le entrée di Les Acrostiches, troupe francese, che si definisce “eccentrica”. È proprio vero. Musica dal vivo; corse per la pista su monocicli elettrici andando a simulare schianti esilaranti; irriverenza e libertà. C’è tutto quello che posso desiderare: comicità dell’assurdo, soffusa in una tenue aura di poesia.

Poi il gran finale con la bascula coreana rotante dei Machine de Cirque, e lì si infrange in un attimo il sogno del circo. Il saltatore cade e si infortuna. Viene trasportato fuori a braccia tra gli applausi. Sappiamo che può succedere, va accettato, ma non bisogna mai arrendersi al fatalismo. Occorre sempre porsi la domanda: c’era un modo di limitare le conseguenze dell’incidente? Non importa la risposta, che può essere negativa, come in questo caso sfortunato. L’essenziale è porre la domanda.

E così si è concluso lo show B e la prima parte del mio viaggio.

La mattina successiva sono andato alla ricerca di qualche angolo nascosto dell’arte e ho incontrato Suzanne Valadon (1865-1938). Suzanne è stata una pittrice di talento e appare come modella nei dipinti di alcuni dei pittori più grandi della sua epoca, come Renoir e Toulouse-Lautrec, ma è stata anche una circense, una cavallerizza e trapezista al circo Mollier. Il suo atelier si trova al museo di Montmartre, dove è possibile fare un tuffo nel passato e scoprire il suo mondo artistico.

Nella notte piovosa raggiungo nuovamente l’enorme chapiteau del circo Phénix per lo Show A, quando il grande Calixte de Nigremont, storico maestro di cerimonie, sta già facendo fare la ola al pubblico.

Complessivamente ho trovato lo show A più entusiasmante, forse perché non gravato da incidenti.

In due occasioni ho avvertito un vero stupore, e per chi segue da anni il grande circo è raro.

Sono trasecolato quando ho capito che David Trappes e Skip Walker-Milne, australiani, mettevano in scena un numero di pertica a spalla ai limiti del fattibile. David si appoggia la lunga pertica su una spalla, verticalmente, e Slip la utilizza come fosse un palo cinese piantato a terra, facendo evoluzioni come la bandiera e la caduta controllata.

L’altro numero che rasenta l’incredibile è il mano a mano del duo francocanadese di Agathe e Adrien. Agathe è minuta, Adrien la sovrasta in altezza di una ventina di centimetri e pesa molto di più, ma la classica dicotomia uomo forte, donna agile, è sovvertita. Spesso è Agathe la porteur forzuta, una vera super girl.

Molti altri numeri mi sono piaciuti, come il doppio trapezio pendolare di Malou Latrompette e Alizé Poitreau, oppure gli yoyo del duo Toy Toy Toy o la doppia bascula coreana incrociata della compagnia canadese X-Board. Tutti gli artisti in competizione sono di livello mondiale. Ho descritto solo quello che personalmente mi ha colpito in modo particolare. La sola partecipazione al Festival du Cirque de Demain è un punto d’arrivo, un grande riconoscimento.

Il tempo è un labirinto di cui spesso siamo inconsapevoli, ma una cosa è certa: quando assistiamo alla grande arte, vola via e lascia ricordi indelebili. Così anche quest’anno è giunto a termine il mio viaggio a Parigi, non mi resta che bere una camomilla e andarmene a letto.