Che esprimere la propria opinione ed esprimere pareri divisivi possa non essere la cosa più simpatica del mondo, diciamo che è una cosa risaputa. Però, leggendo i commenti agli articoli pubblicati da Circus News, mi pare che ci sia un’endemica allergia alle critiche. So benissimo che quando scrivo sono piuttosto diretto, non ci giro intorno e muovo critiche che possono infastidire. Il problema, però, è la valenza che si sceglie di dare a queste critiche.
Io e Davide Vedovelli – che, prima dell’ultima polemica scoppiata sulla pagina Facebook di Circus News, non avevamo mai nemmeno parlato – siamo stati definiti i Parenzo e Cruciani del circo. Per chi non li conoscesse, sono i due conduttori de La Zanzara, un programma radiofonico parecchio divisivo che tratta tutto in maniera polemica e dissacrante. Io non sono un giornalista, anche se per lavoro scrivo, ma questo paragone mi fa quasi piacere, ma anche molto riflettere.
Criticare non vuol dire odiare, anzi il contrario
Sotto l’articolo sul Festival di Montecarlo, scritto da Davide Vedovelli, mi ha colpito un commento che diceva più o meno così: “non puoi commentare questo mondo perché non ci appartieni”. Qui, a mio avviso, c’è una grossa contraddizione. Un critico gastronomico non può recensire un ristorante se non è uno chef o se non possiede un ristorante? Un critico musicale non può recensire un album se non è esso stesso un cantante? E potrei proseguire all’infinito con questo concetto.
A me è stato detto (oltre che di farmi una vita) che non posso criticare perché questo non è il mio mondo e che nessuno mi conosce. Sul fatto che nessun circense (salvo rare eccezioni) mi conosca, è verissimo. Per mio carattere e indole personale, vado al circo, guardo uno spettacolo e vado via. Se vado quattro volte, quattro volte pago il biglietto. Lo spettacolo è un lavoro e il lavoro si paga, e ho voglia di criticare lo posso fare proprio perché ho pagato e non devo nulla a nessuno. Sul fatto che io sia esterno a questo mondo, verissimo, ma ricordiamoci una cosa: senza il pubblico, il circo non esiste, come non esisterebbe nessuno spettacolo dal vivo.
Il circo vive di pubblico. Io ho sempre fatto teatro, e avere una sala vuota è bruttissimo, sia per chi è in scena sia per le tasche di chi organizza uno spettacolo. Dobbiamo però considerare una cosa: quello che si porta in scena, o in pista, può non piacere. Studi scientifici di marketing dimostrano che solo una quota ridottissima di spettatori (clienti) esprime la propria opinione con l’azienda in merito alla soddisfazione del prodotto (in questo caso, il gradimento dello spettacolo). La percentuale pare si aggiri tra l’1% e il 2%. Gli altri clienti non si lamentano con l’azienda di ciò che non gli piace, ma lo dicono ad altri clienti. L’effetto devastante di questa cosa è facilmente intuibile: può capitare che problemi legati a uno spettacolo non vengano mai riportati a chi lo spettacolo lo mette in scena, ma vengono dette ad altri clienti e si ha una conseguente pubblicità negativa.
Fare i conti con un altro punto di vista
Ho lavorato per due anni come Marketing & Communication Manager in un’agenzia di comunicazione. Capitava spessissimo che aziende, pur avendo un reparto marketing interno, si rivolgessero a un’agenzia esterna come la nostra, perché esternamente si ha una visione diversa delle cose, una visione che può arricchire, una visione meno coinvolta e quindi a volte più lucida. Qui siamo di fronte all’esatto contrario: o sei dentro o non puoi parlare.
Faccio un esempio. Giorni fa ho visto a Livorno il Circo sull’Acqua. Uscendo, ho sentito un commento di uno spettatore che diceva: “questo non è un circo sull’acqua, ci sono giusto due schizzi”. Io non sono d’accordo, però questo è un commento che potrebbe far riflettere sul fatto che la comunicazione può essere migliorata e resa più chiara per creare le giuste aspettative nel pubblico. Dato che questo spettatore non è un circense, non può esprimersi?
L’altra critica che ci viene mossa è il parlare senza competenze. Spesso ho parlato del circo come azienda, analizzando aspetti legati al mercato e alla sua evoluzione. Sono ambiti che per studi e professione conosco bene. Sarebbe quindi curioso capire in che modo non avrei le competenze per parlarne. In secondo luogo, ho alle spalle 16 anni di teatro, per cui penso di potermi esprimere anche su questioni legate allo spettacolo. Per esempio, non mi avete mai sentito commentare numeri che coinvolgono la bravura umana, perché non mi sento competente per farlo. Al massimo possono esprimere il mio gusto personale e basta.
Sono stato addirittura accusato di essere offensivo. A mio avviso, però, esprimere una critica argomentata è ben lontano dall’offendere.
La questione circo e animali
Quello che scalda di più gli animi è la questione circo e animali. Pare esserci un tabù per moltissimi circensi e appassionati: il circo non è tale senza animali. Peccato che, nella realtà, sia quasi l’esatto contrario: i circhi in Italia stanno gradualmente presentando sempre più spettacoli senza animali e a volte lo indicano esplicitamente nella pubblicità. Basta guardare i post sponsorizzati di qualunque circo arrivi in una città: qual è la prima domanda che viene fatta? Semplice: “ma ci sono animali?”. Questo vuol dire tanto, se si ha il coraggio di ammettere che il mondo sta cambiando.
Qui entra in gioco anche una questione di gusti personali. I numeri con animali possono piacere o meno. Davide Vedovelli ha osato dire di non apprezzare il numero esotico di Massimiliano Martini. Oddio, sacrilegio. Io ho visto quel numero dal vivo: è veramente d’impatto, fa un grande effetto vedere tutti quegli animali in pista. Ma può non piacermi? Perché non lo posso dire? Vedere animali che girano in circolo, dopo due minuti, mi annoia. Uguale per la cavalleria in libertà, uguale per la gabbia. Sarò blasfemo, ma sono gusti.
Però nulla: o si apprezzano i numeri con animali, o si è nemici del circo. Peccato sia una sterile semplificazione. Il pubblico, come noi appassionati, ha gusti differenti, e le opinioni diverse è sempre meglio ascoltarle. Mi lego al discorso di prima: se solo una piccola quota di pubblico si esprime sullo spettacolo, confrontarsi con voci critiche di appassionati non potrebbe essere uno spunto di crescita? Anche per me confrontarmi con opinioni diverse non è semplice, ma è necessario per crescere.
Conclusioni
Si può non essere d’accordo, si può non condividere, ma bisogna fare i conti con una cosa: le critiche e le voci fuori dal coro fanno crescere, i complimenti acritici fatti per leccare il culo, invece, non servono a nulla. Le aziende che vogliono crescere cercano in tutti i modi di capire cosa il pubblico pensa, quali sono le criticità nell’uso del prodotto o del servizio. Studiando, comprendendo e intervenendo, si migliora. Tutto sta nel come si sceglie di approcciarsi alle critiche.
Detto ciò, mi dispiace, ma anche se qualcuno mi ha detto che io non posso criticare perché non circense, io continuerò a farlo. Lo farò argomentando, esprimendomi con educazione ma senza fare sconti. E continuerò a farlo su questo sito: anche se a volte posso non condividere le opinioni che leggo in alcuni articoli, apprezzo la libertà con cui queste opinioni vengono espresse. Ed è un valore importantissimo.
Viva Circus News, viva il libero pensiero, viva le opinioni critiche. Viva chi ha voglia di mettersi in discussione.