Incontro Mr David dopo lo spettacolo di Gravity Circus a Brescia, lui non lo sa ma durante l’intervallo l’ho visto che aiutava uno dei propri figli a fare i compiti di scuola e quest’immagine mi ha colpito particolarmente. Dietro alle luci sfavillanti dello show continua la vita di tutti i giorni, ed un papà deve, oltre che fare l’artista, continuare a fare il papà con tutti gli oneri ed onori del caso. Da alcuni anni è una delle colonne portanti del Gravity Circus e così decidiamo insieme di farci una bella chiacchierata. Buona lettura
Partiamo dall’inizio. Quando hai cominciato e perché hai deciso di fare l’artista di strada e di circo?
Se penso al mio background e al punto da cui sono partito, mi ritengo molto soddisfatto e fortunato per ciò che ho costruito a livello artistico fino ad oggi.
Sono cresciuto in un quartiere popolare di Torino negli anni ’80, una zona che fu meta degli immigrati provenienti dal sud Italia per lavorare nelle fabbriche del capoluogo, proprio come la mia famiglia, di origini calabresi. Un quartiere molto unito, popolare, con amicizie vere, ma che non prevedeva un futuro nel circo o nel mondo dello spettacolo.
Circa trent’anni fa, la mia compagna Elena, ora acrobata aerea, mi insegnò, su una spiaggia greca, l’arte di “far girare tre palline”: prese tre pietre da terra e cominciò a giocolare. Per me fu una vera folgorazione. Da quel giorno, ore e ore dedicate all’allenamento, sempre alla ricerca di nuovi trick o “spilli”, come li chiamiamo nel gergo circense. Tanti spettacoli in piazza, dove ho imparato l’arte dell’improvvisazione e dell’empatia con il pubblico. Poi la scuola di circo Flic, la tournée nei primi anni del nuovo millennio con un grande circo italiano, l’Embell Riva, il tour con il Circo Zoppè in America, tanti teatri e cabaret, e ora il grande “Gravity Circus”.
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Cosa ti ha insegnato la strada? Quali sono le differenze sostanziali tra l’esibirsi in strada con un pubblico d’occasione e sotto chapiteau con un pubblico pagante?
La strada è stata una grande scuola per me. Penso che tutti gli artisti dovrebbero provare questa esperienza, sia per imparare l’arte dell’improvvisazione e della comunicazione con il pubblico, sia per godere della soddisfazione di riuscire a creare un teatro, un piccolo circo, un palcoscenico e una platea con persone casuali, in un qualsiasi luogo anonimo. La strada mi ha insegnato a essere interessante per la gente, a guardare negli occhi il pubblico rompendo la barriera tra artista e spettatore, a trasformare ogni imprevisto in una potenziale gag o in una situazione favorevole.
La strada non è per tutti, ma il fascino e l’energia che può trasmettere rappresentano un’avventura incredibile. Dopo essermi esibito nelle piazze per molti anni e dopo aver acquisito una certa sicurezza nelle mie proposte artistiche, lo chapiteau – nonostante preveda un pubblico pagante con aspettative maggiori – mi ha dato un senso di protezione. Avere il pubblico a portata di mano e poterlo guidare nel mio mondo è incredibilmente affascinante e, paradossalmente, più semplice rispetto alla piazza. Il Gravity Circus mi ha dato la possibilità di creare una dimensione ottimale per esprimere al massimo la mia arte, portando emozioni vere e passione sotto un tendone da circo.
La tua passione e il tuo lavoro li condividi con tutta la tua famiglia. È stata una scelta naturale o hai un po’ forzato la mano affinché i tuoi figli intraprendessero questa strada?
Direi che è arrivato tutto in maniera molto naturale. Dopo la nascita dei miei figli, ho cercato di condividere emozioni, viaggi e avventure con tutta la famiglia. Ho cominciato a rifiutare contratti dove non era consentita la presenza di bambini, come quelli sulle navi da crociera, e a cercare opportunità dove la famiglia fosse ben accetta. Così ho ricontattato i miei vecchi amici del circo.
Nel 2014 Larry Rossante mi chiese di partecipare come comico e performer allo spettacolo horror Phenomena Circus. I miei figli erano piccolissimi e così hanno iniziato a vivere nel fantastico mondo sotto il tendone. Anni dopo ci siamo spostati nel circo di Tayler Martini, con cui abbiamo fatto un bel tour nel sud Italia – Puglia, Calabria e Sicilia – per poi condividere il periodo del lockdown. Nella dimensione circense ci sentivamo a casa, in famiglia. I miei figli prendevano ispirazione da grandi artisti e, come tutti i ragazzini, assorbivano quanta più arte possibile.
Subito dopo è partito il grande progetto del Gravity Circus con Larry, dove i ragazzi hanno assaporato il sapore della pista e ne sono stati coinvolti a 360 gradi. Naturalmente, dovrebbero essere loro a spiegare cosa provano, ma io dall’esterno li vedo liberi, energici e con tanta voglia di sperimentare, viaggiare, fare nuove esperienze e vivere di pista e di circo.
È sicuramente una vita anomala, per certi versi difficile e non esente da rischi. Cosa provi quando vedi i tuoi figli esibirsi? Da cosa vorresti proteggerli?
Il concetto di “normale” o “anomalo” è molto relativo e personale. È importante riflettere su cosa significhi vivere senza rischi ma in modo monotono rispetto a una vita avventurosa e adrenalinica, piena di sorprese. Vivere in viaggio, in una roulotte, cambiando città ogni due settimane e affrontando attività apparentemente rischiose non è facile. Richiede un forte spirito di adattamento, ma la libertà che ne deriva è impagabile. Quando vedo i miei figli esibirsi, come quando camminano su un filo a 10 metri d’altezza, provo preoccupazione, ma allo stesso tempo vedo la loro felicità e adrenalina. In un’epoca dominata dal virtuale, vederli gioire per un applauso o per il successo di un esercizio è semplicemente fantastico.
Hai girato il mondo con i tuoi spettacoli. Quali differenze hai notato nel pubblico di diversi Paesi?
Ogni paese ha le proprie usanze e il proprio modo di reagire agli spettacoli. Negli Stati Uniti, per esempio, ho trovato un pubblico entusiasta, ma a volte la loro reazione sembra forzata. In Europa centrale, come in Germania o Austria, il pubblico è meno abituato agli eccessi, ma in realtà è più facile farli divertire. L’italiano, invece, è il più schietto; se gli piaci, ti osannano, altrimenti non fingono. La nostra spontaneità è molto apprezzata all’estero, il nostro modo di comunicare con gesti e movimenti ci rende unici.
Quali sono i tuoi modelli o ispirazioni nel mondo dello spettacolo? Hai qualche artista che ammiri particolarmente?
Il salto di qualità nella mia carriera è avvenuto quando ho introdotto una grande fuga da catene in equilibrio su un monociclo alto 3 metri. L’ispirazione è venuta da Massimo Polidoro e dal grande Houdini, un genio non solo per le sue performance, ma anche per la sua capacità di attirare il pubblico. Amo tutto ciò che è arte performativa, dalla magia alla giocoleria, al teatro e alla comicità. Ho ammirato artisti come Bertino Sforzi, Luciano Bello e Ernest Montego. La mia crescita artistica è stata influenzata anche dalla condivisione con amici e colleghi di Torino
C’è stato un momento in cui hai pensato di mollare tutto? Come hai trovato la forza per andare avanti?
Non ho mai pensato di mollare tutto. Fin dall’inizio, ho visto questa passione come un potenziale lavoro. Ho cercato di apprendere il più possibile per esibirmi ovunque. Mi sono esibito davanti a un pubblico che variava da 3 a 70.000 persone, sempre con la stessa energia. La curiosità mi spinge a creare numeri nuovi. Non è una professione facile, ma è una passione che porta grandi soddisfazioni.
L’esperienza con Gravity Circus è un punto d’arrivo importante e hai la possibilità di avere a disposizione mezzi tecnici non indifferenti. Mi racconti la giornata tipo di un artista al Gravity Circus?
Il Gravity Circus è un progetto importante per me, nato con Larry Rossante. È un circo moderno che ama la tradizione. Ogni giorno non è mai uguale; ci alleniamo, passiamo del tempo insieme e visitiamo le città in cui ci troviamo. Ci piace entrare in contatto con la gente del posto e invitarli a vedere il nostro spettacolo. Ho condiviso la pista con artisti incredibili e siamo molto attenti ai dettagli del nostro show. Ogni anno presentiamo nuove produzioni e ci fa piacere avere un pubblico affezionato.
Cosa c’è nel futuro e nei sogni di Mr David?
Vivo nel presente e spero di continuare a far crescere il Gravity Circus con la mia famiglia. Ho già realizzato molti sogni, ma continuo a nutrirmi di viaggi e scoperte. Non posso che guardare al futuro con entusiasmo.
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Hai raccontato la tua vita in un libro ed un fumetto. Come è nata quest’idea e dove possono essere reperiti?
Dopo aver vinto un campionato di street magic, molti circoli mi hanno chiesto di preparare una conferenza. Questo ha portato alla scrittura del mio primo libro, “On the road a game”, che racconta le mie esperienze come artista di strada e circense. Il fumetto sulla mia famiglia è stato creato da un talentuoso disegnatore, Mirko Addis.
Qual è il compromesso più grande che hai dovuto accettare per fare carriera? Hai mai tradito i tuoi valori per ottenere un contratto o un’opportunità?
Ho sempre seguito i miei ideali e non ho mai accettato compromessi. In televisione è facile trovarsi in situazioni del genere, ma ho scelto di non accettare contratti gratuiti per visibilità. Ho rifiutato diversi talent show perché non trovavo un accordo ragionevole. Esibirmi in TV non mi entusiasma come il live show.
Un sogno nel cassetto
Preferisco non tenere sogni nel cassetto, ma cercare di realizzarli. Ho già realizzato molti sogni, ma continuo a puntare in alto. A breve uscirà un film con la mia famiglia, un progetto emozionante sul circo.
Come da tradizione l’ultima domanda puoi farla tu a me
Cara redazione di Circusnews, grazie per avermi coinvolto in questa intervista, vi seguo sulle vostre pagine social e dopo aver letto numerosi post mi viene da domandarvi: Come mai avete deciso di dare un tono provocatorio ai vostri articoli e di mettervi contro la maggior parte del mondo circense tradizionale?
In realtà penso che molti vi seguono e magari tanti la pensano anche come voi, ma spesso siete attaccati duramente. Cosa ne pensate al riguardo?
Altra domanda provocatoria seguendo il vostro stile. E’ una tecnica per far parlare di voi o amate confrontarvi realmente con i diversi modi di interpretare il circo?
Buon lavoro e grazie per l’intervista.
Grazie a te Mr David. Parto da una risposta che mi diede l’amico e giornalista Roberto Bianchin: il ruolo del giornalista è un po’ come quello del cane da guardia. Deve abbaiare quando vede qualcosa che non gli torna, può capitare anche che qualche volta abbai per nulla, ma lo farà anche quando ci sono pericoli. Credo che il ruolo di una testata non sia quello di fare da Ufficio Stampa ai circhi (anche se molti lavorano in questa direzione). Il ruolo di un giornale è riflettere, informare, approfondire, interrogare. Lo si può fare in molti modi. Io che sono cresciuto a pane, Gaber e Jannacci uso molte volte la carta dell’ironia e della provocazione. Noi scriviamo in modo libero e indipendente, non ci preoccupiamo di essere compiacenti o di assecondare le volontà dei circensi (classici o contemporanei che siano). L’ironia ed il sarcasmo sono una modalità per rendere gli articoli più accattivanti. Questo però è il mio stile, sulla mia testata scrivono persone diverse con stili e pensieri differenti. Mi piace avere anime con tante sensibilità, anche contrastanti, perchè la diversità è una ricchezza e il confronto aiuta a ragionare meglio. Abbiamo ricevuto moltissimi attacchi e critiche: vuol dire stiamo lavorando bene. Questa cosa la paghiamo, ma la libertà di stampa vale più di un accredito stampa o di un Pass per un circo od un festival. Per altri non è così ma per noi sì.