Il tendone della discordia

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Nei primi mesi del 2015 alcune delle più importanti testate giornalistiche hanno pubblicato le dichiarazioni del vicepresidente della Lega Antivivisezione Roberto Bennati e della senatrice di SEL Loredana De Petris, per i quali il Governo deve impegnarsi ad applicare una riduzione progressiva dei contributi erogati dal Ministero dei Beni Culturali ai circhi italiani.

Secondo loro infatti attraverso il FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo, lo Stato contribuisce alle sevizie e ai maltrattamenti che, sempre secondo il signor Bennati e la senatrice De Petris, i circhi arrecano costantemente agli animali impiegati negli spettacoli.  Parlando con Federico Rinoldo del Movimento Giovanile del Circo Italiano emerge però una realtà diversa e completamente in contrapposizione con quanto espresso in precedenza.

Secondo Rinoldo, infatti, dei circa 400 milioni di euro del FUS, la somma che annualmente spetta alle attività circensi e dello spettacolo viaggiante è inferiore ai 5,3 milioni di euro. Bisogna però pensare che, oltre ai circhi italiani, a questa cifra attingono anche le associazioni e le iniziative promozionali, assistenziali ed educative; le riviste di settore; le accademie e le scuole di circo; gli esercenti dello spettacolo viaggiante (giostrai, burattinai e artisti di strada); la Casa di riposo per artisti di Scandicci; moltissimi Festival che, tranne il Festival di Latina ed il Golden Circus Festival, sono manifestazioni in cui non si esibiscono animali, e gli spettacoli di circo contemporaneo che anch’essi non prevedono la presenza animali.

In totale la somma che annualmente spetta ai complessi per l’attività circense in Italia non supera dunque gli 1,5 milioni di euro, cifra che va poi suddivisa per i 120 circhi che operano in Italia. Purtroppo però, poiché vengono premiati solo i complessi che si distinguono per il numero di spettacoli svolti, ogni anno la maggioranza dei circhi non riceve nulla.

Spiega Rinoldo che è quindi impossibile pensare che i circhi possano restare in vita solo grazie al Fondo Unico per lo Spettacolo, anzi: tolte le spese per le varie attrezzature, mezzi di trasporto, luce, acqua, paghe degli artisti e rifornimenti di vario tipo, le attività circensi percepiscono un utile già molto basso, specialmente le attività più piccole che compongono anche la grande maggioranza.

“Se poi ti preoccupi per le condizioni di salute degli animali, perché protesti per non far entrare la gente al circo? Non credi che incassando meno soldi dagli spettatori i circhi facciano più fatica anche solo a nutrire le loro bestie?” chiede Federico Rinoldo. “Gli animali presenti nei circhi non provengono dai loro Paesi d’origine e nessuno di loro è stato strappato  dal proprio habitat naturale.” Infatti tutti gli animali presenti oggi nei nostri circhi nascono, crescono e si riproducono proprio al circo o in allevamenti specializzati, e questo accade da oltre un secolo.

“Il fatto stesso che gli animali si riproducano costantemente indica l’assenza di stress o maltrattamenti, ed una situazione di vita a loro ideale. Inoltre nei circhi italiani gli standard di stabulazione, addestramento e detenzione degli animali sono all’avanguardia, tanto da essere imitati all’estero. Siamo gli unici circhi al mondo muniti di un codice deontologico di autoregolamentazione che detta regole severissime per quanto riguarda gli animali, molto più rigide di quelle stabilite dalla Legge Italiana.”

Rinoldo conclude ribadendo che come in tutte le categorie è possibile che ci siano delle “mele marce” ed è giusto che paghino con multe o pene severe, ma dire che tutti i circhi maltrattano gli animali è un po’ come dire che tutti i genitori picchiano i figli.

Mattia Rigodanza