Riportiamo una notizia da psicologiafestival.it
Ci sono sogni che vanno inseguiti anche quando tutto sembrerebbe dirti che non ci sono le condizioni per riuscire. È utopia ma anche coraggio, è rischio ma anche fiducia. Il circo è questo: sfidare la paura sapendo di poter contare sugli altri.
A Paolo Stratta, fondatore e direttore della compagnia e scuola Cirko Vertigo di Grugliasco, nota e più volte premiata a livello internazionale, abbiamo posto alcune domande per introdurre la magia dello spettacolo che gli spettatori del Festival della Psicologia di Torino vedranno in scena venerdì 1 aprile alle h.20 nel cortile della Scuola Holden.
Quando è nato il Cirko Vertigo?
Quindici anni fa, da un’esperienza dal vivo, con la messa in scena del Pinokkio coprodotto dal Festival delle Colline Torinesi e Asti Teatro. Per un anno i protagonisti reclutati tra artisti di strada, ginnasti, musicisti e mimi hanno lavorato alla creazione e alla preparazione. È nata così l’esperienza della scuola di Circo. Nella parola Vertigo, ci sta la vertigine, il vortice, la trasformazione che interagisce con la K della parola Cirko, come il Fattore K di Ėjzenštejn che trasforma il materiale fotografico piatto in materiale dinamico e vivo.
È vero che non amava particolarmente il circo da bambino?
Sono andato poco o mai. Il circo dei tendoni e dei clown non mi ha mai attirato. Ci sono arrivato a 19 anni in maniera del tutto personale, con un’esperienza in Germania insieme ad artisti tedeschi e russi con i quali ho appreso i primi rudimenti di alcune arti che sono alla base del circo, del teatro di strada e in generale del bagaglio dell’artista popolare. Ho iniziato facendo il fachiro, mangiafuoco e trampoliere. Da lì a poco ho iniziato a preparare spettacoli.
Quanto conta la fiducia per chi pratica le arti circensi?
È alla base della nostra attività da un punto di vista artistico, tecnico e organizzativo. Va fatto un grande lavoro di presa di rischio. Tutto quello che noi abbiamo realizzato in questi anni non sarebbe stato possibile se ci fossimo attenuti a dei semplici e puntuali calcoli di fattibilità: anche il calabrone non sa in teoria di non poter volare perché il rapporto peso corporeo-dimensioni delle ali non glielo dovrebbe permettere. E per questo vola. Se non c’è un dialogo continuo, anche a toni aspri, se lo scontro non diventa confronto, se non si ha fiducia nel gruppo, nulla è possibile.
Che cosa vedranno gli spettatori del Festival?
Il primo aprile porteremo una creazione in situ con un lavoro tra una violinista e un acrobata sul filo. Il cavo teso sarà interpretato in una sorta di jam session in cui la musica e la tecnica del circo creano un mondo unico, inscindibile.
Qui di seguito i video dell’intervista.