Circo e animali: quel 30% di italiani (pari agli elettori del Pd) che il Ddl Franceschini vorrebbe cancellare

Avatar Giuseppe Calarota

Vogliamo proporre anche noi di Circus News con piacere un “articolo” apparso su circo.it a firma del Presidente dell’Ente Nazionale Circhi Antonio Buccioni. Un accorato appello per ciò che sta accadendo attorno al mondo del circo. Riflettiamo gente… riflettiamo! Ecco a voi l’articolo!

 

Confesso, in premessa, uno stupore derivante da una serie di reazioni a loro volta scaturite dalle informazioni pubblicate da varie testate giornalistiche in ordine al cosiddetto disegno di legge Franceschini e concernenti, per quanto riguarda il circo, la previsione di una non meglio identificata progressiva dismissione degli animali. E’ infatti dai primi attimi del 2016 che con estrema lapidaria chiarezza e senza la minima possibilità di equivoci, l’Enc ha informato addetti ai lavori e non, circa detta dichiarazione di guerra da parte del Governo.

Di fronte a una prospettiva così epocalmente devastante, desta sconcerto su tutto l’inaudita superficialità e genericità tanto di una laconica previsione normativa, quanto segno inequivocabile del degrado – vorrei dire del precipizio – dei rapporti intersociali e istituzionali, la direzionalità intrapresa dal Dicastero competente e proponente senza degnarsi minimamente di acquisire in maniera non epidermica l’opinione della realtà interessata. Roba da dittatura sudamericana ovvero da Repubblica delle banane.

Proviamo adesso noi a sviscerare la tematica in questione proprio sulle ali delle diverse, stravaganti, tesi addotte a sostegno della determinazione de qua.

E cominciamo in primis disquisendo sulla cosiddetta volontà popolare. Si è scomodato da ultimo l’Eurispes per asserire che il 70% della popolazione italiana sarebbe contraria alla presenza degli animali nella comunità e negli spettacoli circensi.

Se la rilevazione non fosse addotta quale elemento qualificante ai fini dell’ipotizzato provvedimento esclusivo, e generasse con altri assunti conseguenze devastanti ed irreparabili per la vita ed il lavoro di qualche migliaio di operatori e di famiglie che del circo classico fanno la loro ragione di esistenza da generazioni, di per sé si potrebbe sorridere di fronte alla circostanza che il 70% degli italiani sia impegnato in un profondo travaglio interiore sul problema in questione. Credo infatti che il 70% degli italiani, in questi anni, sia piuttosto tormentato dalla necessità di arrivare vivo a fine mese, a fine settimana. Ma, viceversa, nel momento stesso in cui si enunciano dette, peraltro molto opinabili risultanze, si evidenzia – qui si in maniera inconfutabile – che il 30% della popolazione, una cifra spropositata del dato dimensionale, ama il circo classico con la presenza degli animali a lapidaria testimonianza del radicamento popolare del settore che ne rende pertinente ed anzi naturale l’equazione Circo uguale Spettacolo del Popolo.

Per dare un’idea del dato dimensionale: il 31% è la percentuale che i sondaggi attribuiscono al Pd in caso di elezioni politiche, meno del 28% al Movimento 5 stelle, il 13,3% alla Lega Nord, il 12,8% a Forza Italia, per non parlare del 3% all’Ncd-Udc.

Del resto i quotidiani servizi fotografici che siti e social network propongono senza tema di artifici tecnologici dell’immagine, costituiscono la prova provata di dette affermazioni.

Ma un attimo tentando di sviscerare ulteriormente il discorso in ordine alla pertinenza dei dati demoscopici, consideriamo pure questo: non è un mistero che attorno al prodotto circo da sempre si sviluppino tensioni emotive radicalmente diverse che vanno da chi lo ama profondamente a chi lo trova triste, a chi lo giudica perfino sulla base di riserve in ordine alla logistica del suo essere e addirittura nutrendo accertate prevenzioni razziali. E’ insomma, secondo una metafora che già qualche volta ho ricordato, una sorta di formaggio particolare, il taleggio o il gorgonzola per esempio, che a taluni non verrebbe mai voglia di mangiare tenendosi congruamente lontani da un profumo non gradito, e che altri, parecchi altri, e io tra questi, amano alla follia e per i quali sono ben disponibili a procurarsi indigestioni. Sempre che “i padroni del vapore”, in ossequio ad una fantomatica “tendenza prevalente”, non glielo impediscano autoritariamente.

Chi non è mai stato al circo, chi nutre posizioni fondamentalmente razziste nei confronti della sua gente, chi ne ha una conoscenza meno che superficiale, in un Paese che in ipotesi voglia realmente asserirsi quale democratico, non può in nessun caso, salvo stravolgere il concetto stesso di democrazia, sentenziare su qualcosa nei confronti della quale è in partenza ostile o comunque ignora. Altrimenti, per rimanere nel campo dello spettacolo, sarebbe quanto mai semplice acquisire consensi demoscopici plebiscitari in ordine all’opportunità di privare dei contributi pubblici le Fondazioni lirico-sinfoniche, anche in quanto godute da una estremamente limitata parte della popolazione ed atteso l’impegno economico pubblico per certi aspetti esorbitante, senza tenere conto che il teatro lirico italiano rappresenta da sempre una eccellenza culturale che il mondo intero ci invidia. E così e ben oltre le mura del mondo dello spettacolo, la “produzione” di oceanici consensi preconfezionati in tanto si rivela estremamente facile in quanto pone in radice quesiti anche eticamente impropri. Valga il vero, in conclusione, e con una semplicità di assunto nei confronti della quale basterebbe prendere doverosamente atto: il circo vive e continua ad esistere in un Paese scoppiato perché il pubblico pagante che lo frequenta gli assicura sostentamento e sopravvivenza. Se non fosse così ci troveremmo di fronte una categoria di kamikaze e certamente di kamikaze la nostra Italia e i nostri tempi non hanno il benché minimo bisogno.

Antonio Buccioni

 

(le foto sono indicative e appartengono ai circhi: Moira Orfei e Lidia Togni)