Entro il 27 dicembre il governo italiano dovrà decidere sul divieto definitivo di utilizzo di elefanti, orsi e felini negli spettacoli circensi. Una decisione attesa da molti anni, non solo dalle associazioni animaliste. Gli studi che hanno portato a questo bivio, un’indagine in tre puntate.
La scelta se dismettere o meno gli animali dai circhi operanti su territorio italiano non può non passare anche da un’analisi scientifica sul benessere degli animali. Come abbiamo visto nella prima parte di questa inchiesta la documentazione, portata avanti non solo in Italia dalla LAV ma in tutta Europa dal gruppo European Group For Animals, mostra qualche incertezza, specie per il lavoro di ricerca svolto da Stephen Harris. Il documento è stato sottoscritto anche dalla Federazione Veterinaria Europea (FVE) e di conseguenza dalla sua ramificazione italiana. Una sottoscrizione che non ha convinto Giulia Corsini, una giovane veterinaria italiana che si è appassionata al tema degli animali nei circhi seguendone uno sul campo, dopo aver letto la review di Harris. Perché laveterinaria italiana ha preso così a cuore la questione degli animali nei circhi? Forse perché ha visto di suo occhio cosa succede nel backstage di un circo? Forse perché non ha gradito la “position paper” della categoria alla quale appartiene? O forse perché dopo aver capito come stanno gli animali nei circhi bisognerà capire, in caso la legge passasse, dove trasferirli; non essendo chiaramente animali abituati a vivere nella natura selvaggia.
Cosa sono i Crase
Anche di questo la Corsini parla in un lungo articolo scritto per Next. Il documento redatto da Harris infatti, che detta, ricordiamo, anche le linee guida per quanto riguarda il trattamento degli animali dopo il loro allontanamento dai circhi, e che viene utilizzato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione) per spingere la legge in Italia, ed è sottoscritto a sua volta dalla FNOVI (Federazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani). La posizione presa ufficialmente dall’associazione dei veterinari rispetto al documento a molti ha fatto storcere il naso, specie nelle conclusioni finali quando “raccomanda a tutte le autorità competenti nazionali ed Europee di proibire l’uso di mammiferi selvatici nei circhi con animali in Europa dato che non esiste alcuna possibilità che i loro bisogni psicologici, mentali e sociali possano essere soddisfatti. Specifiche norme con date di cessazione di attività, e ricollocamento degli animali e in alcuni casi, come ultimo rimedio l’eutanasia, devono essere accordate con i gestori dei circhi”. In particolare l’opzione “eutanasia”, che quindi significa che qualcuno di questi animali, giudicato per legge non adatto alla vita nei circhi e nemmeno a qualsiasi altra fuori da essi, potrebbe essere “addormentato”, ha fatto scattare la reazione di un’altra associazione di veterinari italiani la Sivelp: “Sono state prese delle posizioni che, forse, avrebbero meritato almeno un referendum di categoria. L’ufficialità richiede attenzione e la bocciatura di un settore non è uno scherzetto da nulla, se espressa lontano da posizioni scientifiche serie e coerenti. Veterinaria sarebbe Medicina e Medicina una Scienza!”, e anche nel loro report non viene riscontrato alcuno stato di malessere degli animali impegnati nell’arte circense. Ma allora dove finiscono gli animali portati via ai circhi? In Italia, per legge, si dividerebbero tra le strutture riconosciute dal Ministero, alcune delle quali gestite direttamente dalle associazioni animaliste, i famosi CRASE (Centro di Recupero per Animali Esotici), in Italia ce ne sono due: uno a Semproniano (Grosseto) e uno a Monte Adone (Bologna); centri che, come scrivono anche le stesse associazioni, purtroppo soffrono degli stessi problemi di questo genere di strutture: non hanno fondi e attenzione politica sufficienti per garantire il benessere degli animali, in particolare quelli dei circhi che, com’è facile immaginare, subiscono un repentino cambiamento ambientale.
Condizioni precarie, non ci sono fondi
Un rapporto firmato da ANMVI e WWF arriva persino a dire che “La carenza di precise norme su come le strutture devono essere costruite e su come, soprattutto, devono essere gestite per rispondere alle finalità di legge, favorisce, a volte, la nascita di strutture al limite della legalità, il cui livello qualitativo è ben lontano dai principi etici che devono ispirare l’attività di riabilitazione degli animali selvatici e, in generale, l’organizzazione del sistema dei Centri di Recupero in Italia”. Quindi animali salvati dagli animalisti dalla vita dei circhi, dove vivono a lungo e si riproducono tranquillamente, per finire in questi centri, alle volte gestiti dagli stessi animalisti, dove vengono tenuti in situazioni, per stessa ammissione degli animalisti, disastrose. Nel 2013 il CRASE di Semproniano, provincia di Grosseto, in particolare il dirigente Marco Aloisi, si è trovato al centro di un’indagine del Corpo Forestale per presunti illeciti quali peculato mediante profitto dell’errore altrui e truffa. La cosa si risolse con una assoluzione, ma quello di Semproniano è comunque il CRASE preso di mira E quello di Semproniano è lo stesso CRASE preso di mira da alcuni attivisti circensi con un video pubblicato su YouTube dove vengono evidenziate la situazione di degrado in cui versano gli animali sequestrati. Gli animali che vivono nei circhi invece sono stracontrollati, i gestori devono sottostare alle line guida CITES e regolamenti ASL, sul benessere animale, ogni circo deve dotarsi di un veterinario consulente e viene ispezionato ad ogni spostamento dall’ASL, dal corpo Forestale dello Stato e dai NAS. Viene regolato qualsiasi aspetto, dall’alimentazione, al trasporto, dal registro degli animali alle attività, dalle misure sanitarie fino agli spazi”. Non sarà la savana ma parrebbe essere abbastanza per monitorare alla perfezione quali siano le reali condizioni degli animali.
Un aiuto dagli operatori dei circhi
Il tempo nella clessidra scorre inesorabile ma se qualcuno pensa che la questione degli animali nei circhi sirisolverà tra pochi giorni probabilmente si sbaglia. La certezza di questo deriva da una chiacchierata con Antonio Buccioni, Presidente dell’Ente Nazionale Circhi. Buccioni ci spiega il disguido linguistico che permetterebbe a tutti i circensi di dormire sogni un po’ più tranquilli. La legge per la dismissione degli animali dai circhi infatti quando fu presentata parlava espressamente di “eliminazione”; il termine, così netto e vagamente lugubre non piacque, così, come scrive Repubblica a marzo del 2017, si è preferito utilizzare in aula un più quieto “graduale superamento”. La LAV quindi dovette ingoiare il rospo davanti ai passi indietro dell’ex Ministro Franceschini (“Il graduale superamento della presenza degli animali nei circhi consente di gestire la questione in modo non ideologico, ma con buon senso, arrivando all’obiettivo di far sì che i circhi continuino a lavorare”) e della relatrice del ddl, la senatrice PD Rosa Maria Di Giorgi (“Il termine ‘eliminazione’ è anche brutale,l’accordo sulla dicitura ‘graduale superamento’ non è soltanto una mediazione, ma il modo migliore per dire quel che faremo”). Ora che però i nodi stanno per arrivare al pettine quel cambiamento potrebbe cambiare tutto e trasformare quella che sembrava la fine di un dibattito al contrario nell’inizio di un dibattito, dove forse, così come piacerebbe a Buccioni, anche la categoria dei circensi potrebbe essere chiamata in causa per collaborare. Magari si potrà arrivare ad una mediazione riguardante le specie “ospitabili” e “utilizzabili” dai circhi o pene più severe per quei circhi che non rispettano alla lettera la legge. Buccioni infatti parla con estrema serenità: “Io gliel’ho detto ai senatori, inutile che perdete tempo con i fondi per i CRASE, perché qualora dovesse passare la legge il circo italiano non consegnerà neanche un ratto, andrà in esilio in territori dove l’arte italiana è apprezzata, aspettando che passi la bufera”.
di Gabriele Fazio