CIRQUE DU SOLEIL: KOOZA, LO CHAPITEAU DELLE EMOZIONI

Avatar Filippo Allegri

Il Cirque du Soleil è ormai sinonimo di spettacolo ad altissimi livelli, dove la qualità è assicurata. Nemmeno i prezzi, non propriamente popolari, frenano il pubblico che tutte le sere gremisce le arene e gli chapiteaux, spesso con il tutto esaurito.

Dopo avere assistito a 19 spettacoli differenti del Cirque du Soleil, si potrebbe pensare di avere visto tutto o quasi tutto, di avere fatto il pieno, insomma. E invece la sorpresa è sempre dietro l’angolo, c’è sempre qualcosa che ti fa sobbalzare e così ogni volta, a fine spettacolo, ti ritrovi a tentare di fare una classifica dei “migliore show”… e puntualmente non riesci neanche ad abbozzarla.

Dal 2007 Kooza viaggia in lungo e in largo per il pianeta, ma (purtroppo) non è mai approdato in Italia, pur avendola sfiorata più volte. Da qualche giorno il suo chapiteau si trova a Madrid dove resterà fino ai primi di gennaio. Gli spettacoli del Cirque du Soleil hanno sempre qualcosa di magico, ma quelli sotto lo chapiteau hanno una marcia in più: non c’è niente da fare, il fascino del tendone non ha eguali, non c’è palasport o arena che tenga.

Come sempre i costumi sono molto fantasiosi e il trucco è curato nei minimi dettagli. Il gioco delle luci cambia in continuazione il colore e le dimensioni delle scenografie; la regia è l’impronta del Cirque du Soleil, strabiliante ed onirica al tempo stesso,  dove tutto è studiato in ogni particolare. Per non parlare dell’aspetto tecnico/tecnologico, che permette di far funzionare una macchina perfetta. La parte musicale è affidata ad un’orchestra di sei elementi e due cantanti che sono posizionati al piano superiore di una specie di torre  che funge anche da ingresso artisti.                               

Lo spettacolo inizia con il clown, timido e sognatore, che non riesce a far volare il suo aquilone. Improvvisamente si materializza un mago che esaudirà il suo desiderio e farà volare la sua fantasia, schiudendo davanti a lui uno spettacolo meraviglioso: arrivano acrobati, saltatori e giocolieri dai costumi sgargianti in un rapido susseguirsi piramidi umane, salti a terra, diablos, pertiche e sorprendenti tuffi da altezza vertiginosa fin sul famoso telo dei pompieri di una volta…. 

Una pedana rotonda scivola in mezzo alla pista: su di essa, due artiste dalla Mongolia, in costume aderente multicolore, che ricorda la pelle di un serpente, danno vita ad una sequenza di sorprendenti contorsioni a due, prima in esercizi sincronizzati poi in figura doppia in cui una diventa il porteur dell’altra. Eleganza, precisione, un controllo perfetto di ogni movimento, il tutto con un sorriso smagliante e disarmante. Le figure, apparentemente impossibili, mescolano contorsionismo, verticalismo ed elementi di acrogym. Se questo è l’inizio dello spettacolo, la serata lascia ben sperare.

La disciplina della ruota Cyr, di recente creazione, sta prendendo sempre più piede negli spettacoli di circo contemporaneo e ormai diversi spettacoli del Cirque du Soleil l’hanno introdotta. L’artista che la presenta è particolarmente abile nel creare molteplici figure con il proprio corpo all’interno dell’attrezzo sempre in rotazione sulla pista.

Due amanti e una ruota… potrebbe essere il titolo del numero successivo, una rivisitazione del classico monociclo sul quale due artisti, un porteur e un’agile, si esibiscono in autentico passo a due, una danza che già sarebbe difficoltoso eseguire a terra. Il porteur, che in sella al monociclo percorre la pista in cerchio senza sosta, raccoglie più volte la partner, la solleva e la fa volteggiare in una infinità di figure acrobatiche che aggiungono elementi di mano a mano, contorsionismo e danza con una colonna sonora di grande atmosfera. Un numero di classe ed eleganza infinite presentati dagli Ucraini Olga e Yuri Shavro, due autentiche leggende.

Le riprese comiche sono affidate a tre clown/mimi/attori, che coinvolgono spesso il pubblico, trovando fortunatamente collaboratori molto disponibili, tutt’altro che riluttanti a salire sulla pista sopraelevata. E mentre i clown distolgono l’attenzione del pubblico per qualche minuto, inscenando esilaranti inseguimenti in mezzo al pubblico, viene allestita l’attrezzatura per il numero successivo che è uno dei fiori all’occhiello dello spettacolo.

Entrano in pista quattro straordinari funamboli al filo alto: due di loro sono i celebri Hermanos Quiros, la sesta generazione dell’omonima famiglia circense spagnola che da sempre domina questa specialità. Il colpo d’occhio è davvero unico: quattro funamboli eseguono contemporaneamente il salto della corda su due livelli, due sul filo a 5 metri, gli altri due al “piano superiore” sul filo a 8 metri. Ma è solo l’inizio. Poco dopo infatti i due del “piano inferiore” raggiungono i loro colleghi alla massima altezza e da qui è un crescendo di emozioni, che passano dagli attraversamenti in doppia colonna al salto degli “hermanos” seduti sul filo. Il gran finale è da cardiopalma: una ardita piramide con due porteur su bicicletta che sostengono una barra a spalla su cui un terzo sta “comodamente” seduto…. su una sedia. Pazzesco. Il loro ritorno in pista è salutato dall’ovazione del pubblico letteralmente impazzito.

Dopo un intervallo di 30 minuti, la seconda parte ha un inizio sorprendentemente macabro: un balletto di scheletri. In mezzo al clima gioioso e colorato tipico del Cirque du Soleil, questo tocco “funebre”, sebbene presentato con leggerezza ed ironia, sembra stridere; in realtà è l’introduzione dell’attrazione successiva. Cosa c’è di meglio di una parata di scheletri  per introdurre la ruota della morte?L’attrezzo scintillante, sceso dalla cupola dello chapiteau durante l’intervallo (l’allestimento “a vista” delle attrezzature dei vari numeri è essa stessa uno spettacolo nello spettacolo, un miracolo di precisione ingegneristica, che permette di installare in pochi secondi gli attrezzi più complessi) inizia a ruotare. Due spericolati artisti colombiani prendono posto ognuno su una delle ruote alle estremità dell’attrezzo e inizia una serie di evoluzioni e salti mortali, prima all’interno e poi anche all’esterno, che fanno rimanere il pubblico con il fiato sospeso. Trionfo totale al loro ritorno con i piedi a terra. 

All’interno di Kooza, l’arte della giocoleria è rappresentata dal diabolos. Nato anticamente come gioco dello yo-yo in Cina, si è evoluto fino a trasformarsi in disciplina circense a tutti gli effetti. L’artista che presenta il numero nello spettacolo è un autentico fenomeno: oltre ai lanci a grande altezza di uno e più diabolos, stupisce recuperando gli oggetti utilizzando corda e bacchette come una frusta… e senza sbagliare un colpo.

Lo chapiteau si trasforma in un tempio buddista e una musica mistica accompagna una processione che conduce un monaco per la cerimonia solenne. Si tratta di una celebrazione molto particolare: il monaco sale in verticale su una sedia di legno posta su piedistallo, sovrapponendo poi una seconda sedia capovolta ed eseguendo una seconda perfetta verticale. Via via, le sedie sovrapposte aumentano sempre di più e la precaria torre si innalza verso la cupola per diversi metri, per l’ultima verticale. Forza, eleganza, precisione e concentrazione. La presenza del cavetto di sicurezza, indispensabile per l’incolumità dell’artista, non toglie nulla alla spettacolarità della performance.

Il gran finale è affidato alla troupe più numerosa dell’intero spettacolo: dodici saltatori presentano un bellissimo numero di bascule. Doppi, tripli e quadrupli salti mortali con arrivo su materasso, doppi salti mortali, arrivo in terza e quarta colonna, arrivo in spaccata su due doppie colonne, salti mortali con i trampoli…praticamente il campionario del meglio della specialità.

E in chiusura tutti gli artisti corrono in pista a ricevere il giusto tributo che il pubblico madrileno esprime con un entusiasmo da stadio. Uno spettacolo senza numeri volanti (una vera eccezione all’interno delle produzioni del Cirque du Soleil), ma che offre una compagnia di strepitosi artisti tra i migliori delle rispettive specialità. Speriamo che Kooza faccia un salto anche in Italia, prima o poi.

 

di Filippo Allegri