Le confessioni di uno spettatore appassionato: Encomio del clown

Avatar Andrea Pedicini
Una serata al circo può far smascherare tanti luoghi comuni. Sulla povertà degli aiuti agli artisti, sull’ abnegazioni della fantasia,sul ruolo dei sogni.E sul fatto che i buffoni sono altrove……

Da oggi, anzi, da ieri sera, non voglio più sentire parlare di politica, di partiti e finanche di governo paragonati a un circo. E questo perché giusto ieri, dopo tantissimi anni, proprio al circo sono ritornato, scoprendo che fare questi paragoni potrebbe essere improprio e magari pure offensivo. Per il circo intendo.

Credo che il mio primo ingresso sotto la tenda del “più grande spettacolo del mondo” risalga a molti anni fa, anni Sessanta immagino. Ricordo un tendone minuscolo, una ballerina sul filo, un nano e un vecchio leone. E un clown, il cui pensiero ho smesso di associare al divertimento dopo avere visto “It”, la miniserie diretta da Tommy Lee Wallace e interpretata in maniera splendida ed agghiacciante da Tim Curry. Il legame tra circo e cinema è molto stretto, e non solo perché in entrambi i casi di intrattenimento si tratta. Il cinema si è spesso occupato di circo, che ha raccontato in molte pellicole. Da Cecil B. DeMille  a Fellini passando per Wenders, Chaplin, Browning e Reed. Oggi, per il circo e per il cinema, non è più tempo di vacche grasse. Specialmente per il circo. Del quale però, al contrario che per il cinema, quasi nessuno dice niente. Come saprete i tagli al Fus hanno riguardato anche gli artisti sotto la tenda che, sempre più perplessi, si sono visti assottigliare nel corso degli anni i fondi a loro destinati. Che al momento ammontano a 2 milioni. E non 6, come sostengono gli animalisti. Che contro il circo hanno scatenato l’inferno, vedi assalti agli impianti tipo il tentativo di incendio registrato a Trento. Azioni queste che se non annullano le loro buone intenzioni poco ci manca.

Tenete conto che questi 2 milioni, che possono arrivare a 2 milioni e duecentomila euro, vanno suddivisi tra  i cento circhi attualmente in giro per lo stivale,  e sono omnicomprensivi. Debbono cioè coprire l’attività in Italia, all’estero, i danni causati da eventi fortuiti, l’acquisto di nuovi impianti, macchinari, attrezzature e beni strumentali. Un circo grande, che fa parte di questi cento, può arrivare a 15mila euro di spese al giorno e può dare  lavoro a un numero di persone che oscilla tra le 50 e le 100, a volte anche di più. Ciononostante per molte amministrazioni comunali i circhi non sono imprese come le altre e tutto fanno fuorché agevolarle.  Ad esempio non mettono a loro disposizione le aree pubbliche per allestire le strutture.  Più fortuna ha avuto  il piccolo circo visitato ieri, il Circo Merano (un po’ di pubblicità più che meritata) che ha piazzato il proprio tendone in un paese alla periferia di Roma.

Inizialmente perplesso come i succitati artisti mi sono ben presto commosso nel vedere il primo numero con dei cavalli, pochi e un filo bolsi, ma dignitosi e alteri come solo i cavalli sanno essere. E poi le tigri, i serpenti, il lama (solo uno), e due asinelli. Tutta la truppa, come succede nei periodi di carestia, si dava un gran daffare. Per cui l’intrepido domatore di felini si adattava nel tenere la fune di sicurezza degli acrobati e a suonare la tromba, la bigliettaia era anche la contorsionista, la campionessa di hula hop se la vedeva con l’anaconda gigante. Insomma, tutti facevano tutto, non esattamente come ve lo abbiamo descritto ma di certo senza nessuna puzza sotto al naso. Era evidente la voglia di darsi da fare, di partecipare ad uno spettacolo nella speranza dell’applauso finale del pubblico, in verità piuttosto scarso. Ecco, il pubblico scarso è di fatto l’anello di congiunzione del circo con il cinema. Implacabile, è quindi scattato il paragone. Nel vedere la professionalità di queste persone e la loro bravura, mi sono chiesto quanti attori facciano il loro lavoro con la stessa dedizione e assumendosi gli stessi rischi. Quanti attori mediocri, migliorabili intendo, cioè la maggior parte. Una volta si diceva che il bisogno aguzzasse l’ingegno. Chissà, magari aguzza anche il talento, quando questo c’è.  Non nego che spesso gli attori accettino una gavetta feroce, ma la sensazione è che, al contrario dei loro colleghi anglosassoni, non ne facciano sufficientemente tesoro.

Il clown Pippo merita poi una citazione speciale. Si è presentato prima dello spettacolo nelle vesti di un ubriacone che a fatica gli inservienti sono riusciti a far uscire dalla pista. Si è poi rimaterializzato al termine dello spettacolo svelandosi sotto il trucco.  Davvero, non so quanti attori io abbia visto in grado di fornire una performance altrettanto convincente.  E allora, amici recitanti, accettate la sfida: passate qualche settimana sotto la tenda di un circo. Ne avrete di cose da imparare, credetemi! Peraltro molti attori lo hanno fatto. Burt Lancaster ad esempio era uno straordinario trapezista. Ma questo, lo so bene, è un sogno. Troppo comodo il rifugio del set, riparati dall’amico giornalista che in un modo o nell’altro due parole buone per noi le spenderà. E che di certo non consumerà un minuto del suo tempo per parlare di questi eroi che nessuno conosce e che solo Benedetto XVI (pensate un po’) ha difeso nel dicembre scorso in una udienza che resta memorabile.  Per cui, quando vi troverete la prossima volta a paragonare delle persone ridicole a personaggi quali nani e ballerine, pensate che state dicendo una grossa sciocchezza. Cercateli altrove i buffoni, non sotto la tenda di un circo.

Alessandro Boschi